lunedì 7 maggio 2007

Lettera ai poeti per cantare il pane

Traduco dalla musicale lingua bolognese un bellissimo articolo pubblicato qualche anno fa sul giornalino "Il Ponte della Bionda" del buon Fausto Carpani. Mi è ricapitato per caso tra le mani e lo volevo rispolverare:






Il pane cresce, si gonfia con l’acqua, un pizzico di sale e la farina. Diventa ben fragrante al calore del fuoco, ha il profumo dell’infanzia ed è importante come l’amore e la speranza. Al giorno d’oggi viviamo in un’epoca elettronica che ci permette di volare tra le stelle e i pianeti, in cui facciamo battere un cuore di seconda mano e con un trapianto ridiamo la vista ad un cieco, dove ogni tanto facciamo scoppiare un qualche conflitto per questa civiltà o per un’altra, continuiamo a riempire di aggeggi costosi i magazzini della guerra del mondo intero, con il rischio, una volta o l’altra, di radere al suolo le città rendendole mute proprio come è successo a Nagasaki.
In questo mondo complicato, confuso fra ricchezze e strapazzi che insultano, tribolazioni e miseria spaventosi, ci sono milioni di uomini che, sulla terra, ogni anno muoiono di fame, mentre l’esercito delle spighe continua a crescere generoso sui campi nella sua stagione, affinché l’uomo viva e capisca come diventa benedetta la fatica quando intorno ad una tavola, in un patto fraterno d’amicizia, le persone spezzano e dividono il pane.
Poeti che avete conservato la grazia di meravigliarvi, che avete cantato l’amore, i sentimenti, le verità, le risorse del cuore, non fate passare sotto silenzio l’urgenza del pane per coloro che muoiono di stenti senza speranza, disperati nella loro solitudine, in precipizi di sofferenze antiche in paesi di miseria e di agonia.
Vale la pena cantare senza metafore le pianure bionde di spighe, i trattori, i granai, il lievito, l’impasto, le braci del forno. Fate che le vostre parole diventino accuse contro la fame, contro la disperazione, l’intolleranza ottusa dell’egoismo, gli errori ostinati, la sconfitta dell’uomo e che i vostri canti diventino l’occasione per vedere con occhi nuovi i mali del mondo.
Fate che i vostri poemi, lacerando il silenzio, diventino aiuto, fiducia, sostegno al diritto alla vita, e con passione arrivino alle orecchie sorde della gente sazia, tranquilla, indifferente, che volta la testa e non vuole ascoltare.
Perché in futuro ogni essere umano venga liberato dalle oppressioni della paura, del bisogno, dell’ingiustizia e non muoia più, non pianga più per il pane.
Poeti, questa lettera è una provocazione nata da un’antica speranza di vedere un mondo più vivibile per tutti.
Nel cuore di ogni uomo ci sono dei tesori preziosi: sta a voi (visti i fallimenti di chi comanda) valorizzarli e cantarli affinché un mondo nuovo, migliore e più giusto, sia possibile: una nuova opportunità per riprogettare il nostro futuro.

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