In genere la vita da "farfalla" è abbastanza breve, varia da qualche giorno ad una settimana o due e, solo in alcuni casi, raggiunge il mese di vita. Una brevissima poesia, composta dallo scrittore indiano Rabindranath Tagore, premio Nobel nel 1913, recita: "La farfalla non conta gli anni ma gli istanti: per questo il suo breve tempo le basta". Questa metafora può diventare la base di partenza da cui iniziare il percorso di riflessione sulla soggettività della percezione. Alla base delle notevoli problematiche interpersonali, che purtroppo popolano il nostro mondo, c'è il diverso modo di leggere la realtà. Basta infatti ascoltare le ragioni di due persone in conflitto per capire come ognuno abbia una visione opposta della situazione e come, quindi, sia difficile metterli d'accordo. Jean Renoir, regista francese, fa dire ad un suo personaggio: "Il dramma della vita è che tutti hanno le loro buone ragioni". Gli esseri umani, quando s'incontrano, invece di circoscrivere il "campo semantico", vale a dire l'insieme dei significati a disposizione per stabilire la relazione interpersonale, tendono ad ampliarlo con altre categorie, facendolo diventare l'area di scontro sulle diversità interpretative. Tali categorie semantiche sono, per molti di noi, una sorta di prigione che ci impedisce di ampliare i nostri spazi, di vedere nuovi orizzonti. Dice il poeta William Blake: "Se si pulissero le porte della percezione, ogni cosa apparirebbe all'uomo come essa veramente è, infinita. Invece l'uomo si è da se stesso rinchiuso, fino a non vedere più le cose, se non attraverso le strette feritoie della sua caverna". Ecco, allora, l'esigenza di ricercare la libertà di spaziare, di trovare il proprio percorso personale, fuori da schemi predefiniti e vincolanti. Va superato, quindi, quello stato di chiusura in un mondo circoscritto dove gli obiettivi e le aspettative, molte volte, risultano retaggio di condizionamenti introiettati passivamente. La dipendenza dagli "assunti di base", costituiti dalle nostre idee radicate interiormente, che divengono parametri di valutazione dell'adeguatezza sociale, va in controtendenza con l'esigenza di esprimere, invece, la propria libertà. La libertà di scegliere, di decidere il proprio cammino, può orientare l'individuo verso una lettura positiva della realtà, anche quando questa, a prima vista, appare del tutto diversa. Riporto una parabola cinese: "C'era una volta in Cina un vecchio contadino che aveva un figlio ed una cavalla. Una sera la cavalla fuggì; allora i contadini che abitavano nelle vicinanze andarono da lui per manifestargli la loro solidarietà per quell'evento negativo: ma egli, invece di esprimere il proprio dolore, dichiarò che forse non era una disgrazia. Infatti, il giorno dopo, la cavalla tornò con tre stalloni. Ed allora tutti i contadini andarono a manifestargli la loro gioia per l'evento positivo: egli, invece, dichiarò che forse non era una fortuna. Infatti, il giorno dopo, il figlio del contadino per cavalcare uno degli stalloni cadde da cavallo e si ruppe una gamba; stessa processione dei contadini e stessa risposta del vecchio saggio. Infatti, mentre il ragazzo era all'ospedale, il soffitto della sua camera crollò, ma egli non subì alcun danno". Morale della favola: ciascuno di noi ha la possibilità di costruirsi chiavi interpretative favorevoli per uscire dai vincoli di una visione triste della vita. Il professor Kitting, nel film "L'attimo fuggente", ripete una frase del poeta americano Henry David Thoreau, "molti uomini vivono vite di quieta disperazione", a conferma che si può condurre la propria vita senza determinazione ed impegno per il miglioramento delle proprie condizioni, nascondendo la testa sotto la sabbia, come gli struzzi, invece di affrontare la realtà. E sullo stesso tema, Oscar Wilde aggiunge che: "Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, e nulla più". Per dare uno spunto di umorismo ad un tema così serio, vale la pena di riportare la battuta di Woody Allen sulla visione assolutamente negativa della vita che un individuo può avere: "Non sono un atleta. Ho cattivi riflessi. Una volta sono stato investito da un'automobile spinta da due tizi".
Archy e Mehitabel è il titolo dato dallo scrittore americano Don Marquis ad una serie di articoli pubblicati su un giornale settimanale, articoli con poesie che avevano come protagonisti Archy, un burdigone (come si dice a Bologna, cioè uno scarafaggio), e Mehitabel, un gatto di strada. Archy nella sua vita precedente era stato un poeta e decide di scrivere le sue memorie e le sue avventure, ma essendo una blatta, non riesce ad arrampicarsi sulla macchina da scrivere per premere il tasto della lettera maiuscola. Ed è per questo che i testi sono senza lettere maiuscole, e spesso anche senza punteggiature. Per ritornare alle farfalle - la vera ragione intrinseca che mi ha portato a scrivere questo post - con la loro bellezza fragile e caduca, concludo riportando una poesia dalla raccolta di storie succitata, poesia dedicata ad una farfalla notturna. Il testo, in lingua originale, mi è stato spedito da una cara amica praghese:
the lesson of the moth
i was talking to a moth
the other evening
he was trying to break into
an electric light bulb
and fry himself on the wires
why do you fellow
spull this stunt i asked him
because it is the conventional
thing for moths or why
if that had been an uncovered
candle instead of an electric
light bulb you would
now be a small unsightly cinder
have you no sense
plenty of it he answered
but at times we get tired
of using it
we get bored with the routine
and crave beauty
and excitement
fire is beautiful
and we know that if we get
too close it will kill us
but what does that matter
it is better to be happy
for a moment
and be burned up with beauty
han to live a long time
and be bored all the while
so we wad all our life up
nto one little roll
and then we shoot the roll
that is what life is for
it is better to be a part of beauty
or one instant and then cease to
exist than to exist forever
and never be a part of beauty
our attitude toward life
is come easy go easy
we are like human beings
sed to be before they became
too civilized to enjoy themselves
and before i could argue him
out of his philosophy
he went and immolated himself
on a patent cigar lighter
i do not agree with him
myself i would rather have
half the happiness and twice
the longevity
but at the same time i wish
there was something i wanted
as badly as he wanted to fry himself
archy
Informazioni su Don Marquis e la sua opera: http://www.donmarquis.com/index.html
"Il pettirosso e il verme", da Archy e Mehitabel: http://www.thejag.org/teche/poesie/il-pettirosso-e-il-verme.htm
Alcune citazioni di Don Marquis:
Scrivere un libro di poesie è come buttare un petalo di rosa nel Grand Canyon e aspettare l'eco.
Il nostro è un mondo in cui le persone non sanno cosa vogliono e sono disposte a passare un'inferno per ottenerlo.
Le persone di successo sono quelle che inventano delle cose per tenere occupato il resto del mondo.
Un ottimista è un ragazzo che non ha fatto molta esperienza.
Ciò che l'uomo chiama civilizzazione risulta sempre un deserto.
Un demagogo è una persona con la quale non siamo d'accordo riguardo a quale gang dovrà amministrare male il paese.
Un'idea non è responsabile delle persone che ci credono.
La procastinazione è / l'arte di tenersi / al passo con ieri.
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