1) La chiamano la generazione dei milleuristi: giovani nati tra il 1968 e il 1982, nella stragrande maggioranza dei casi laureati, talvolta con master, corsi di specializzazione ed esperienze formative all'estero. Gente che è costretta, per ragioni economiche, a rimanere a vivere con i genitori fin oltre i 32 anni o, se si trasferiscono, devono condividere l'appartamento con altre persone per ottimizzare le spese di affitto e quant'altro. Ragazzi e ragazze che faticano a sbarcare il lunario, inseriti in un mondo di incertezze per il futuro, parossistica flessibilità e precariato. Se una volta i poveri, o comunque quelli che di più faticavano ad arrivare alla fine del mese, erano i braccianti agricoli, se oggi quelli che faticano maggiormente ad arrivare alla fine del mese sono i pensionati e gli operai, ben presto i nuovi poveri non saranno gli anziani, bensì quelli delle generazioni più giovani appena usciti da scuole ed università. Perché a ben poco vale la formazione se poi il mondo del lavoro non offre delle opportunità reali, tangibili. In Spagna, dove ci stanno dimostrando di essere più cazzuti e combattivi talvolta di noi italiani, i giovani appartenenti alla categoria dei "mileuristas" si sono costituiti in movimento, fanno nascere blog, forum e punti di incontro e discussione in rete.
Contrariamente a quanti potrebbero pensarlo, non sono di sinistra, né tantomeno di destra, non credono più in una politica che li ha già ampiamente illusi e disillusi, e di recente alcuni rappresentanti del movimento hanno partecipato ad una trasmissione TV in Spagna dal titolo "Tengo una pregunta por usted" (Ho una domanda per Lei), dove stavano intervistando il Primo Ministro Zapatero, per richiamarlo al rispetto delle promesse e degli obiettivi di governo fissati tre anni fa.
2) In seguito ad un computo del monte totale annuo di ore lavorate dagli impiegati ed operai dei vari Paesi dell'Unione Europea, risulta che noi italiani lavoriamo di più rispetto ai nostri concittadini francesi, tedeschi ed inglesi. Ma paradossalmente il tasso di produttività e la crescita economica qui da noi stagnano. In poche parole a noi serve il doppio del tempo rispetto ai nostri cugini francesi e ai colleghi tedeschi e britannici per il raggiungimento del medesimo obiettivo di produttività. Ma da cosa dipende questo fatto? Contrariamente a quanto pensavano rispettivamente quel fighetto di Montezemolo e quella iena ridens del Cavaliere quando era al governo, cioè all'incirca che "non si può fare affidamento su una classe operaia che gode di 30 giorni di ferie pagate all'anno" e "ci sono troppe feste comandate, religiose e non, bisogna abolirne qualcuna", la colpa non è da imputare ai lavoratori dipendenti, bensì, udite udite, al sistema "aziende". Perché, lo ricordo, il panorama italiano delle aziende è costituito per il 90-95% principalmente da aziende di dimensioni molto piccole, il più delle volte a gestione familiare. E in questo panorama così frammentato le aziende sono spesso caratterizzate da poca tecnologia, mediocre organizzazione del lavoro e scarse dotazioni informatiche. E' quindi un problema di investimenti.
Meditate signori imprenditori, meditate!
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