sabato 16 dicembre 2006

Paradossi italiani

1) Nella Pianura Padana, una tra le zone più inquinate del pianeta (dove l'aspettativa di vita è, a causa dell'inquinamento, di un anno in meno rispetto ad altre zone italiane), una città sta per sorgere a modello di studio: Parma. Sembra che la città negli ultimi anni sia stata in grado di coniugare una rapida crescita industriale con il mantenimento di una qualità della vita tra le più alte in Italia e la tutela ambientale. Da Shangai i cinesi vengono a studiare questo modello non solo a Parma, ma anche a Berlino e ad Aalborg, in Danimarca. Esempi di sviluppo ecosostenibile da copiare. Nella lista degli ecosistemi urbani realizzata da Legambiente Parma è quarta dopo Bolzano, Mantova e La Spezia e prima tra i centri con più di 100.000 abitanti. La città possiede 100 km di piste ciclabili e vanta un primato nel trasporto pubblico urbano: ogni giorno si staccano 95.000 biglietti d'autobus, c'è un servizio Happybus dedicato ai bambini, 75 mezzi sono a metano; in città circolano circa 5.000 biciclette elettriche, il 70% delle quali sono state acquistate con la rottamazione di uno scooter; l'amministrazione comunale sta lavorando per rendere meno inquinante i 18 km di A1 che attraversano il comune; la città, che dal 2003 è sede dell'authority alimentare europea, ha visto di recente anche la costituzione di un'agenzia per l'energia che deve varare un piano per il contenimento delle emissioni inquinanti.



NONOSTANTE TUTTO CIO' l'amministrazione comunale viene giudicata dai suoi detrattori piena di manie di grandezza e di arroganza di potere. In sostanza dicono che il modello Parma sarebbe una truffa: intrighi di potere e speculazioni. NONOSTANTE TUTTO CIO' la città sarebbe sì vivibile ma non sarebbe cresciuta socialmente, con una cittadinanza che sta bene e non vuole avere pensieri e una classe intellettuale abbandonata al laissez-faire. In città si fanno pochi dibattiti, coperti da una informazione locale monopolizzata da industriali e costruttori che possiedono le due reti televisive e il quotidiano locali. E tutto si riduce a notizie e discussioni su quanto siano bravi o meno il sindaco e l'amministrazione.

2) L'Italia è prima in Europa per numero di aziende MA non regge più la competizione. L'Italia nelle classifiche appare sì il Paese più industrializzato (per quanto riguarda i principali settori produttivi: alimentare, apparecchiature elettriche e meccaniche, mezzi di trasporto, fertilizzanti), MA la classifica riguarda solo il numero di aziende occupate. La musica cambia quando si va a guardare la ricchezza prodotta dalle aziende. Non voglio annoiare con cifre e rilevazioni statistiche, comunque in generale perdiamo colpi se andiamo a confrontare la nostra produzione in miliardi di euro con quella di Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna. E nemmeno nell'agroalimentare, settore di punta del Made in Italy, abbiamo più il primato economico: i nostri 110 mld di euro sono meno dei 162 dei tedeschi. Il sistema produttivo italiano, troppo frazionato e costituito da tante, forse troppe, piccole/medie imprese incapaci di competere con i nostri vicini europei, viene visto oggi come la causa del nostro ritardo. L'Italia resta il terzo principale contributore al bilancio dell'Unione Europea, ma con l'ingresso dal gennaio 2007 di Romania e Bulgaria (che porteranno il numero degli Stati membri a 27), cambierà il criterio di assegnazione dei fondi per aiutare gli Stati più in ritardo. Non ci arriveranno più cifre come quella di 30 miliardi ricevuta tra il 2000 e il 2006, e ci dovremo accontentare di 18 miliardi. E' giusto continuare a ricevere questi soldi per le cosiddette regioni in ritardo (Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), però si dovrebbero anche spendere per la ricerca e l'innovazione e aiutare le nostre aziende a tirare fuori prodotti con un più elevato valore aggiunto.


3) L'Italia aveva inventato lo sfruttamento dell'energia geotermica, e per 45 anni siamo stati l'UNICA nazione ad avere impianti geotermici.
MA POI guardiamo all'Islanda e ci rendiamo conto dell'occasione persa. Lo sfruttamento di quest'energia in questo Paese è recente, ma il governo ha programmato di utilizzare in futuro solo ed esclusivamente energia eco-compatibile. L'Islanda ha inoltre sviluppato nuove tecniche innovative per l'approvvigionamento del calore della terra. Gli esperti di geologia islandesi ci hanno detto il nostro sottosuolo possiede caratteristiche molto simili a quello dell'Islanda, ma mentre loro sfruttano al massimo l'energia eco-compatibile ottenuta, noi siamo costretti ad importare una buona percentuale di energia per coprire il nostro fabbisogno.
L'Italia è ora al quinto posto nella scala mondiale per produzione di energia geotermica. Abbiamo perso il nostro primato nel 1958, dopo che fu costruito un impianto in Nuova Zelanda. La nostra prima centrale geotermica risale al 1913 ed è situata a Larderello, in Toscana, dove si concentrano tutti gli impianti nazionali costituiti da pozzi che producono il 10% dell'energia geotermica mondiale e ricoprono il 25% del fabbisogno di energia elettrica della Toscana. I maggiori produttori oggi sono USA, Filippine, Messico, Indonesia, Giappone, Islanda.
Secondo i dati ENEL, l'energia prodotta in questo modo porta una riduzione di CO2 immessa in atmosfera pari a circa 13 milioni di tonnellate annue.
Una speranza per il futuro è data dalla ricerca che porterà, si spera, alla realizzazione di un pozzo scavato a Bagnoli entro il 2008.

Dopo tutti questi discorsi non voglio tuttavia essere tacciato di esterofilia. La tanto decantata Germania ad esempio possiede lobby nel settore della potentissima industria chimica (con 1565 miliardi di euro di produzione è la più grande industria al mondo e la terza in Europa) che per 5 anni hanno mandato avanti una cieca opposizione alla realizzazione, in seguito ad una legislazione approvata dal Parlamento Europeo, di una Agenzia permanente con il compito di registrare, valutare ed autorizzare le sostanze chimiche prodotte o importate in quantità superiore ad una tonnellata/anno per ogni singolo produttore o importatore, soprattutto per quanto riguarda le sostanze che causano maggiore preoccupazione per le loro proprietà cancerogene, mutagene, tossiche per la riproduzione riconosciute, persistenti e bioaccumulabili.

venerdì 8 dicembre 2006

Chi ha capito la globalizzazione alzi la mano


Le organizzazioni che si occupano di cooperazione allo sviluppo (tra cui Mani Tese, www.manitese.it) ribaltano con un nuovo studio a cui hanno partecipato ricercatori, scienziati ed altri esperti, il concetto di sud del mondo. La povertà e l'emarginazione entrano in modo sempre più preoccupante nei paesi del nord del mondo, mentre dal sud del mondo arrivano proposte per uno sviluppo economico più equo e sostenibile.

Chi vince e chi perde nell'economia della globalizzazione?

Si ribalta la rigida dicotomia che divide il pianeta in due blocchi, nord e sud del mondo, sino ad individuare tanti sud che arrivano ad essere presenti qui nel nord ricco: un nuovo concetto di periferia che va a comprendere fasce sempre più larghe delle classi medie della popolazione, settori dell'industria che arrancano sempre di più e stentano a reggere la concorrenza globale, i nuovi migranti poveri.

Globalizzazione = imperialismo:
- 25 gruppi bancari controllano tutte le transazioni dell'intero pianeta
- 5 multinazionali gestiscono il 90% della distribuzione agricola
- logiche di profitto e non di giustizia

Le nuove periferie iniziano a raccordarsi su una base di speranza e di nuove proposte di cambiamento. Bisogna ribaltare i concetti di sviluppo che sono stati proposti sino ad oggi, le inique politiche di privatizzazione dettate dal FMI che stravolgono le economie di stati interi e li lasciano poi agonizzanti, come le ondate liberiste negli anni '80 in Sudamerica (Brasile e Argentina): con l'idea di alleggerire la presenza dello Stato nell'economia, si sono svendute ad aziende straniere le ricchezze più redditizie dei paesi latinoamericani (comprese le telecomunicazioni e le aziende del settore energetico) facendo così aumentare il debito interno. Le cifre ottenute con la svendita sono state impiegate per colmare il debito estero, e quindi nelle casse degli Stati non è entrato nemmeno un centesimo.

Resta intanto irrisolta la questione della riforma agraria e della ridistribuzione della terra ai contadini, poiché si andrebbe ad intaccare una struttura di potere ormai consolidata da decenni.

giovedì 7 dicembre 2006

Napule é...


Oggi, giovedì 7 dicembre 2006, ore 17 e 55: sintonizzandosi per caso su La Vita In Diretta si poteva vedere il bel Cucuzza che a quell'ora si collegava con l'inviato mandato a Napoli per intervistare una delle tante soubrette (di cui non faccio il nome, tanto è di ben poca importanza nell'economia di questo articolo) reduci da una dele edizioni de L'Isola Dei Famosi. La femmina in questione si trovava nella sua casa di Napoli, da lei definita con tono estasiato una delle città più romantiche del mondo...
Poco prima avevo proprio terminato di leggere "Napoli siamo noi" di Giorgio Bocca; Napoli è una città dalle mille sfaccettature, ha il dono di una bellezza straordinaria, ma la sua è una bellezza maledetta, quotidianamente infangata e stuprata dalla sua perenne condizione di emergenza, miseria, degrado e, ovviamente, criminalità.
Il libro di Bocca ha il dono di essere illuminante: una piccola analisi del tessuto sociale ed economico locale, redatta con un linguaggio semplice, diretto, schietto e che trasmette al lettore le impressioni di chi quella analisi l'ha svolta con acume e dedizione, cioè impressioni pessimiste di una realtà che non può risorgere e cambiare per due motivi: primo perché la città si trova in quelle condizioni oramai da secoli (la condizione è quindi un leitmotiv); secondo perché la criminalità organizzata è ormai talmente radicata e infiltrata a tutti i livelli, in tutte le strutture in modo tale da aver costruito una rete a maglie strettissime e fittissime sia a livello di governo locale, sia a livello dei ceti più bassi e poveri. Attraverso i suoi canali, collegamenti e traffici si è andata sempre più arricchendo e rafforzando in modo tale da divenire parte integrante del DNA della città e dei suoi abitanti, del modo di pensare e di agire, della cultura locale, dove il rispetto dell'autorità costituita manca, e dove in una condizione di perenne sopravvivenza spesso la camorra, essendo una entità parallela a quella amministrativa e ai soggetti economici, garantisce un reddito e un vitalizio al comune cittadino o al cosiddetto uomo della strada il quale, essendo assieme alla propria famiglia in condizione di indigenza e necessità, accetta di collaborare con essa e benedice questo tipo di intervento e di sostegno.
Sprechi,corruzione,menefreghismo,individualismo, delinquenza, odio e malcontento crescenti, il treno dello sviluppo economico perso quando si decise di chiudere lo stabilimento siderurgico di Bagnoli (a scapito di quello di Taranto), che dava il pane a 20.000 persone, l'emergenza costante dei rifiuti, le speculazioni e l'abusivismo edilizio, ecc. ecc. ecc.
A Napoli tutte queste cose sono in contrasto altamente stridente, sono l'altra faccia della medaglia della città del Golfo la cui vista mozza il fiato, della città ricca di incommensurabili patrimoni culturali ed artistici, della città di una classe di raffinati intellettuali che hanno un occhio costante gettato al resto d'Europa.
Una soluzione? Bocca ci induce a diventare su questa parte del Meridione d'Italia pessimisti, dacché una soluzione non c'é.
Vi invito caldamente a leggere il libro.

venerdì 1 dicembre 2006


Qualcosa dell'ex futuro presidente USA Al Gore

Al Gore sembra aver abbracciato la passione ambientalista facendosi divulgatore e narratore in Una scomoda verità, documentario in corsa per gli Oscar (sarà al cinema dal 19 gennaio p.v.).
I fatti narrati nel documentario (e nell'omonimo libro) sono quelli di una dinamica di eventi che si innescherà tra 10 anni se non ci sarà un mutamento radicale nell'impiego delle risorse e nella produzione di gas serra: i ghicciai accelereranno il loro scioglimento, e le perturbazioni metereologiche aumenteranno d'intensità provovando inondazioni e desertificazioni.
Al Gore, ci presenta cifre, dati, immagini. Nel film sottolinea che gli Stati Uniti bruciano idrocarburi a ritmi superiori a qualsiasi altro paese e hanno standard ecologici inferiori agli altri paesi avanzati (Cina compresa). Al Gore a suo tempo si impegnò in una battaglia, poi persa, per ottenere l'appoggio del Senato nella ratifica al protocollo di Kyoto. Ma - ci spiega - ci sono troppe reticenze dovute ad interessi economici. Bush sta mentendo, dicendo che il surriscaldamento del pianeta non costituisce un problema. Ma nel 2004 ben 48 premi Nobel hanno firmato un documento in cui dichiarano che lui mente e perché. Ci sono le cosiddette lobby delle società inquinanti che finanziano i partiti e controllano i media.
Sul sito www.climatecrisis.net Gorepropone, insieme ad altri, consigli su come risparmiare energia e denaro, inquinare meno senza modificare lo stile di vita.