sabato 16 dicembre 2006

Paradossi italiani

1) Nella Pianura Padana, una tra le zone più inquinate del pianeta (dove l'aspettativa di vita è, a causa dell'inquinamento, di un anno in meno rispetto ad altre zone italiane), una città sta per sorgere a modello di studio: Parma. Sembra che la città negli ultimi anni sia stata in grado di coniugare una rapida crescita industriale con il mantenimento di una qualità della vita tra le più alte in Italia e la tutela ambientale. Da Shangai i cinesi vengono a studiare questo modello non solo a Parma, ma anche a Berlino e ad Aalborg, in Danimarca. Esempi di sviluppo ecosostenibile da copiare. Nella lista degli ecosistemi urbani realizzata da Legambiente Parma è quarta dopo Bolzano, Mantova e La Spezia e prima tra i centri con più di 100.000 abitanti. La città possiede 100 km di piste ciclabili e vanta un primato nel trasporto pubblico urbano: ogni giorno si staccano 95.000 biglietti d'autobus, c'è un servizio Happybus dedicato ai bambini, 75 mezzi sono a metano; in città circolano circa 5.000 biciclette elettriche, il 70% delle quali sono state acquistate con la rottamazione di uno scooter; l'amministrazione comunale sta lavorando per rendere meno inquinante i 18 km di A1 che attraversano il comune; la città, che dal 2003 è sede dell'authority alimentare europea, ha visto di recente anche la costituzione di un'agenzia per l'energia che deve varare un piano per il contenimento delle emissioni inquinanti.



NONOSTANTE TUTTO CIO' l'amministrazione comunale viene giudicata dai suoi detrattori piena di manie di grandezza e di arroganza di potere. In sostanza dicono che il modello Parma sarebbe una truffa: intrighi di potere e speculazioni. NONOSTANTE TUTTO CIO' la città sarebbe sì vivibile ma non sarebbe cresciuta socialmente, con una cittadinanza che sta bene e non vuole avere pensieri e una classe intellettuale abbandonata al laissez-faire. In città si fanno pochi dibattiti, coperti da una informazione locale monopolizzata da industriali e costruttori che possiedono le due reti televisive e il quotidiano locali. E tutto si riduce a notizie e discussioni su quanto siano bravi o meno il sindaco e l'amministrazione.

2) L'Italia è prima in Europa per numero di aziende MA non regge più la competizione. L'Italia nelle classifiche appare sì il Paese più industrializzato (per quanto riguarda i principali settori produttivi: alimentare, apparecchiature elettriche e meccaniche, mezzi di trasporto, fertilizzanti), MA la classifica riguarda solo il numero di aziende occupate. La musica cambia quando si va a guardare la ricchezza prodotta dalle aziende. Non voglio annoiare con cifre e rilevazioni statistiche, comunque in generale perdiamo colpi se andiamo a confrontare la nostra produzione in miliardi di euro con quella di Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna. E nemmeno nell'agroalimentare, settore di punta del Made in Italy, abbiamo più il primato economico: i nostri 110 mld di euro sono meno dei 162 dei tedeschi. Il sistema produttivo italiano, troppo frazionato e costituito da tante, forse troppe, piccole/medie imprese incapaci di competere con i nostri vicini europei, viene visto oggi come la causa del nostro ritardo. L'Italia resta il terzo principale contributore al bilancio dell'Unione Europea, ma con l'ingresso dal gennaio 2007 di Romania e Bulgaria (che porteranno il numero degli Stati membri a 27), cambierà il criterio di assegnazione dei fondi per aiutare gli Stati più in ritardo. Non ci arriveranno più cifre come quella di 30 miliardi ricevuta tra il 2000 e il 2006, e ci dovremo accontentare di 18 miliardi. E' giusto continuare a ricevere questi soldi per le cosiddette regioni in ritardo (Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), però si dovrebbero anche spendere per la ricerca e l'innovazione e aiutare le nostre aziende a tirare fuori prodotti con un più elevato valore aggiunto.


3) L'Italia aveva inventato lo sfruttamento dell'energia geotermica, e per 45 anni siamo stati l'UNICA nazione ad avere impianti geotermici.
MA POI guardiamo all'Islanda e ci rendiamo conto dell'occasione persa. Lo sfruttamento di quest'energia in questo Paese è recente, ma il governo ha programmato di utilizzare in futuro solo ed esclusivamente energia eco-compatibile. L'Islanda ha inoltre sviluppato nuove tecniche innovative per l'approvvigionamento del calore della terra. Gli esperti di geologia islandesi ci hanno detto il nostro sottosuolo possiede caratteristiche molto simili a quello dell'Islanda, ma mentre loro sfruttano al massimo l'energia eco-compatibile ottenuta, noi siamo costretti ad importare una buona percentuale di energia per coprire il nostro fabbisogno.
L'Italia è ora al quinto posto nella scala mondiale per produzione di energia geotermica. Abbiamo perso il nostro primato nel 1958, dopo che fu costruito un impianto in Nuova Zelanda. La nostra prima centrale geotermica risale al 1913 ed è situata a Larderello, in Toscana, dove si concentrano tutti gli impianti nazionali costituiti da pozzi che producono il 10% dell'energia geotermica mondiale e ricoprono il 25% del fabbisogno di energia elettrica della Toscana. I maggiori produttori oggi sono USA, Filippine, Messico, Indonesia, Giappone, Islanda.
Secondo i dati ENEL, l'energia prodotta in questo modo porta una riduzione di CO2 immessa in atmosfera pari a circa 13 milioni di tonnellate annue.
Una speranza per il futuro è data dalla ricerca che porterà, si spera, alla realizzazione di un pozzo scavato a Bagnoli entro il 2008.

Dopo tutti questi discorsi non voglio tuttavia essere tacciato di esterofilia. La tanto decantata Germania ad esempio possiede lobby nel settore della potentissima industria chimica (con 1565 miliardi di euro di produzione è la più grande industria al mondo e la terza in Europa) che per 5 anni hanno mandato avanti una cieca opposizione alla realizzazione, in seguito ad una legislazione approvata dal Parlamento Europeo, di una Agenzia permanente con il compito di registrare, valutare ed autorizzare le sostanze chimiche prodotte o importate in quantità superiore ad una tonnellata/anno per ogni singolo produttore o importatore, soprattutto per quanto riguarda le sostanze che causano maggiore preoccupazione per le loro proprietà cancerogene, mutagene, tossiche per la riproduzione riconosciute, persistenti e bioaccumulabili.

venerdì 8 dicembre 2006

Chi ha capito la globalizzazione alzi la mano


Le organizzazioni che si occupano di cooperazione allo sviluppo (tra cui Mani Tese, www.manitese.it) ribaltano con un nuovo studio a cui hanno partecipato ricercatori, scienziati ed altri esperti, il concetto di sud del mondo. La povertà e l'emarginazione entrano in modo sempre più preoccupante nei paesi del nord del mondo, mentre dal sud del mondo arrivano proposte per uno sviluppo economico più equo e sostenibile.

Chi vince e chi perde nell'economia della globalizzazione?

Si ribalta la rigida dicotomia che divide il pianeta in due blocchi, nord e sud del mondo, sino ad individuare tanti sud che arrivano ad essere presenti qui nel nord ricco: un nuovo concetto di periferia che va a comprendere fasce sempre più larghe delle classi medie della popolazione, settori dell'industria che arrancano sempre di più e stentano a reggere la concorrenza globale, i nuovi migranti poveri.

Globalizzazione = imperialismo:
- 25 gruppi bancari controllano tutte le transazioni dell'intero pianeta
- 5 multinazionali gestiscono il 90% della distribuzione agricola
- logiche di profitto e non di giustizia

Le nuove periferie iniziano a raccordarsi su una base di speranza e di nuove proposte di cambiamento. Bisogna ribaltare i concetti di sviluppo che sono stati proposti sino ad oggi, le inique politiche di privatizzazione dettate dal FMI che stravolgono le economie di stati interi e li lasciano poi agonizzanti, come le ondate liberiste negli anni '80 in Sudamerica (Brasile e Argentina): con l'idea di alleggerire la presenza dello Stato nell'economia, si sono svendute ad aziende straniere le ricchezze più redditizie dei paesi latinoamericani (comprese le telecomunicazioni e le aziende del settore energetico) facendo così aumentare il debito interno. Le cifre ottenute con la svendita sono state impiegate per colmare il debito estero, e quindi nelle casse degli Stati non è entrato nemmeno un centesimo.

Resta intanto irrisolta la questione della riforma agraria e della ridistribuzione della terra ai contadini, poiché si andrebbe ad intaccare una struttura di potere ormai consolidata da decenni.

giovedì 7 dicembre 2006

Napule é...


Oggi, giovedì 7 dicembre 2006, ore 17 e 55: sintonizzandosi per caso su La Vita In Diretta si poteva vedere il bel Cucuzza che a quell'ora si collegava con l'inviato mandato a Napoli per intervistare una delle tante soubrette (di cui non faccio il nome, tanto è di ben poca importanza nell'economia di questo articolo) reduci da una dele edizioni de L'Isola Dei Famosi. La femmina in questione si trovava nella sua casa di Napoli, da lei definita con tono estasiato una delle città più romantiche del mondo...
Poco prima avevo proprio terminato di leggere "Napoli siamo noi" di Giorgio Bocca; Napoli è una città dalle mille sfaccettature, ha il dono di una bellezza straordinaria, ma la sua è una bellezza maledetta, quotidianamente infangata e stuprata dalla sua perenne condizione di emergenza, miseria, degrado e, ovviamente, criminalità.
Il libro di Bocca ha il dono di essere illuminante: una piccola analisi del tessuto sociale ed economico locale, redatta con un linguaggio semplice, diretto, schietto e che trasmette al lettore le impressioni di chi quella analisi l'ha svolta con acume e dedizione, cioè impressioni pessimiste di una realtà che non può risorgere e cambiare per due motivi: primo perché la città si trova in quelle condizioni oramai da secoli (la condizione è quindi un leitmotiv); secondo perché la criminalità organizzata è ormai talmente radicata e infiltrata a tutti i livelli, in tutte le strutture in modo tale da aver costruito una rete a maglie strettissime e fittissime sia a livello di governo locale, sia a livello dei ceti più bassi e poveri. Attraverso i suoi canali, collegamenti e traffici si è andata sempre più arricchendo e rafforzando in modo tale da divenire parte integrante del DNA della città e dei suoi abitanti, del modo di pensare e di agire, della cultura locale, dove il rispetto dell'autorità costituita manca, e dove in una condizione di perenne sopravvivenza spesso la camorra, essendo una entità parallela a quella amministrativa e ai soggetti economici, garantisce un reddito e un vitalizio al comune cittadino o al cosiddetto uomo della strada il quale, essendo assieme alla propria famiglia in condizione di indigenza e necessità, accetta di collaborare con essa e benedice questo tipo di intervento e di sostegno.
Sprechi,corruzione,menefreghismo,individualismo, delinquenza, odio e malcontento crescenti, il treno dello sviluppo economico perso quando si decise di chiudere lo stabilimento siderurgico di Bagnoli (a scapito di quello di Taranto), che dava il pane a 20.000 persone, l'emergenza costante dei rifiuti, le speculazioni e l'abusivismo edilizio, ecc. ecc. ecc.
A Napoli tutte queste cose sono in contrasto altamente stridente, sono l'altra faccia della medaglia della città del Golfo la cui vista mozza il fiato, della città ricca di incommensurabili patrimoni culturali ed artistici, della città di una classe di raffinati intellettuali che hanno un occhio costante gettato al resto d'Europa.
Una soluzione? Bocca ci induce a diventare su questa parte del Meridione d'Italia pessimisti, dacché una soluzione non c'é.
Vi invito caldamente a leggere il libro.

venerdì 1 dicembre 2006


Qualcosa dell'ex futuro presidente USA Al Gore

Al Gore sembra aver abbracciato la passione ambientalista facendosi divulgatore e narratore in Una scomoda verità, documentario in corsa per gli Oscar (sarà al cinema dal 19 gennaio p.v.).
I fatti narrati nel documentario (e nell'omonimo libro) sono quelli di una dinamica di eventi che si innescherà tra 10 anni se non ci sarà un mutamento radicale nell'impiego delle risorse e nella produzione di gas serra: i ghicciai accelereranno il loro scioglimento, e le perturbazioni metereologiche aumenteranno d'intensità provovando inondazioni e desertificazioni.
Al Gore, ci presenta cifre, dati, immagini. Nel film sottolinea che gli Stati Uniti bruciano idrocarburi a ritmi superiori a qualsiasi altro paese e hanno standard ecologici inferiori agli altri paesi avanzati (Cina compresa). Al Gore a suo tempo si impegnò in una battaglia, poi persa, per ottenere l'appoggio del Senato nella ratifica al protocollo di Kyoto. Ma - ci spiega - ci sono troppe reticenze dovute ad interessi economici. Bush sta mentendo, dicendo che il surriscaldamento del pianeta non costituisce un problema. Ma nel 2004 ben 48 premi Nobel hanno firmato un documento in cui dichiarano che lui mente e perché. Ci sono le cosiddette lobby delle società inquinanti che finanziano i partiti e controllano i media.
Sul sito www.climatecrisis.net Gorepropone, insieme ad altri, consigli su come risparmiare energia e denaro, inquinare meno senza modificare lo stile di vita.

mercoledì 29 novembre 2006


In un mondo dove regna la menzogna, dire la verità è un vero atto rivoluzionario.

Non c'è progresso, e lo sviluppo è riciclo

giovedì 23 novembre 2006

L'ennesima avvisaglia

Sono gli scienziati di Science a dirlo e non certo gli ultimi arrivati. Premesso che nessuno vuole fare della facile escatologia, né tantomeno degli allarmismi apocalittici sul destino del pianeta e di questo misero genere umano, veniamo avvertiti su un'ultima cosa, che questa volta riguarda una delle specie che compongono il genere animale: i pesci.
Già da tempo gli studiosi hanno fissato una data orientativa sull'inizio della fine, che non sarà istantanea ma avrà una sua durata: il 2050.
Ebbene, i ricercatori di Science ci dicono che intorno al 2048, cioè tra meno di 50 anni, spariranno tutti i pesci dai mari e dagli oceani. Sarà l'inizio del dissesto ormai irrimediabile della Terra, dato che ancora nessuno ha iniziato a tentare di salvare il salvabile (e le sette sorelle e le compagnie petrolifere vogliono continuare a mungere le vacche grasse ancora per un trentennio, e cioè fino a quando esse avranno dato l'ultima goccia di petrolio), e ci saranno immani ed attendibili movenze sfavorevoli della natura.
Intorno a questa notizia sono sorte come al solito incredulità, false rassicurazioni (secondo alcuni ci nutriremo ancora di pesci grazie a quelli di allevamento), superficialità che ha scansato la minaccia utilizzando i media per parlare d'altro, in massima parte di sciocchezze, per continuare a drogare la mente atrofizzata di spettatori già ad un buono stadio di rincoglionimento cerebrale (quegli spettatori che hanno seguito con tanto interesse ad esempio il matrimonio di Tom Cruise e consorte, quando nel mondo c'è gente che continua a morire d'inedia o ammazzata!).
Se la notizia di questo destino arriva da persone così autorevoli, bisognerebbe iniziare a preoccuparsi seriamente. Mio padre, quando gli ho riportato la notizia, ha detto: "Chi se ne frega, peggio per te, tanto io non ci sarò più". Io vi dico che fra mezzo secolo avrò 80 anni, e se i presupposti per il futuro sono questo et similia, beh, allora preferisco essere già crepato per quella data, non voglio assistere all'agonia generale!
Buona vita a tutti bella gente!

domenica 19 novembre 2006

Diamo voce a chi pianta i semi del cambiamento

Wangari Maathai, ambientalista e parlamentare, fondatrice del Green Belt Movement, associazione ambientalista che appoggia progetti per piantare nuovi alberi in Africa. Nominata premio Nobel per la pace nel 2004, è stata nominata sottosegretario all'ambiente in Kenya nel 2002. Collabora con numerose organizzazioni internazionali, tra cui la Commissione sul Disarmo presso il Segretariato Generale delle Nazioni Unite.
In occasione di un suo viaggio in Giappone, ha imparato il concetto del mottainai, nato in seno alla religione buddhista - si basa sul concetto delle 3 R: riduci, ricicla e riutilizza, al quale si aggiunge "non sprecare" -impegnandosi a diffonderlo.
Il Green Belt Movement diffonde la visione di un ambiente pulito e salutare, e sostiene gli sforzi di coloro che diedicano il loro tempo e le loro energie per il benessere della Terra e dei suoi abitanti.
Per maggiori informazioni: www.principalvoices.com

Cosa ci combinano le grandi compagnie di assicurazione...

Nicholas Stern, ex economista presso la Banca Mondiale, ha pubblicato circa un mese fa il suo rapporto, da tanto atteso dal Cancelliere dello Scacchiere britannico Gordon Brown, e da Tony Blair, sull'impatto economico nel lungo termine dei cambiamenti climatici. Stern dichiara che la mancanza di azione porterà conseguenze economiche ben peggiori di quelle che ci si aspetta. Se le cosiddette nazioni più sviluppate non iniziano a diminuire le emissioni di gas serra, il costo economico del riscaldamento globale potrebbe arrivare ad ammontare ad un buon 20% del PNL dei suddetti paesi. La parte centrale del rapporto auspica un intervento delle grandi aziende in questo processo di riduzione di CO2 nell'atmosfera.
Il 31 ottobre la Lloyds ha risposto con un documento in cui ha posto l'enfasi sul fatto di incoraggiare le tecnologie legate alle energie rinnovabili e ha lanciato un appello alle compagnie affinché comprendano che l'adattamento ai cambiamenti climatici diventerà una parte fondamentale dell' "everyday business". Ma mentre la Lloyds metteva enfasi sull'urgenza di un cambiamento, tanti ambientalisti hanno visto con grande scetticismo questa "conversione verde" degli assicuratori.
Qual'è la vera connessione tra il mercato delle assicurazioni e il riscaldamento globale? La fortuna delle compagnie assicurative è direttamente correlata con le loro previsioni sui rischi ambientali. E siccome il nostro clima continua a riscaldarsi e aumentano gli eventi metereologici catastrofici, le previsioni hanno bisogno di sempre maggiori revisioni lungo il percorso. L'anno scorso, ad esempio, era stato previsto che si sarebbero evitate ben tre tempeste atlantiche nell'arco di un anno, ma invece in agosto si è verifato l'uragano Katrina, che ha causato gravi danni per un ammontare di 275.000 abitazioni distrutte, ben 10 volte di più dei danni causati dall'uragano Andrew nel 1992. Le devastazioni inaspettate causate da Katrina hanno portato ad ingenti perdite finanziarie nelle società di assicurazione.
Pertanto è tutta una questione legata al denaro, dato che le suddette società ci hanno dimostrato in passato di evitare di esporsi e di prendere posizioni su questioni cosiddette sociali. Anzi, le più grosse compagnie assicurative hanno fatto ingenti investimenti proprio in quelle grandi aziende che si ritiene siano le maggiori contributrici al riscaldamento globale. Volete i dati? Un rapporto del 2000 di Friends of Earth sul portafoglio di investimenti nel Regno Unito delle principali compagnie assicurative ci mostra che hanno investito principalmente sul petrolio e le società di estrazione come la ExxonMobil, la Elf Aquitaine e la Rio Tinto.
Solo poche aziende europee sembrano iniziare a capire l'entità dei problemi che si manifesteranno col riscaldamento globale, e sono proprio quelle poche aziende che si sono mostrate più innovative e più aperte nell'intraprendere azioni per contrastare il cambiamento climatico.
Il gigante tedesco Allianz ha creato apposta un team che si dedica esclusivamente di fare investimenti sulle energie rinnovabili, con soldi appositamente stanziati per finanziare progetti nell'arco dei prossimi 5 anni. Staremo a vedere!

venerdì 17 novembre 2006

La Leonessa d'avanguardia

E' di oggi la notizia che a Brescia, attraverso i fili della luce si può navigare in internet e illuminare le case contemporaneamente. Non ci credete? Vi sembra una bufala o l'ennesima leggenda metropolitana? Tranquilli, ve lo spiego io il meccanismo: nelle cabine appositamente allestite per la media-bassa tensione giungono contemporaneamente la corrente ad alta tensione portata dai tralicci e i segnali digitali della Rete, adattati da un trasformatore magnetico e trasmessi sui cavi in rame della luce, quindi i segnali, distribuiti dai ripartitori di segnale, arrivano nelle case.
Si tratta in sostanza delle prime prove in Italia della tecnologia PLC, grazie alla quale, per connettersi alla Rete, è sufficiente una semplice presa elettrica.
Questa iniziativa sperimentale a Brescia serve per rendere la rete elettrica in grado di trasportare non solo la corrente per uso domestico ma anche informazioni digitali, contenuti web e telefonia.
Il progetto è stato preceduto da un esperimento condotto con 250 famiglie bresciane che, beate loro, per 2 anni hanno navigato gratis (il progetto è stato provato anche in quel di Grosseto, Sassuolo e Cremona), mentre in contemporanea ci sono stati l'installazione dei contatori digitali per consentire la telelettura ed un investimento di 8 milioni di euro stanziati per adattare le cabine di bassa tensione al fine di renderle in grado di convogliare il digitale sull'elettricità.
Questa rivoluzione, una volta diffusasi al di là dell'hinterland bresciano, potrebbe portare tutti a fare a meno del telefono, dato che le telefonate si potranno fare anche tramite internet, grazie ai servizi Voip (Voice over Ip), spendendo addirittura meno o nulla. A questo si aggiungerebbero sms, segreteria e tv interattiva.
A rendere accessibile la banda larga è una tecnologia per nulla nuova bensì conosciuta già da una ventina d'anni, la cosiddetta PLC (Power Line Communication): grazie a questa tecnologia i segnali digitali di internet vengono "iniettati" sui cavi di rame della corrente.
La connessione ottenuta a Brescia con questo sistema si attesta attualmente sui 10-14 Mbps, ma potrebbe ben presto crescere per raggiungere i 40-100 Mbps.
Il servizio prende il nome di Speedy e viene fornito in abbonamento mensile. Gli utenti devono semplicemente dotarsi di un modem speciale (fornito gratuitamente a chi si abbona) da collegare tra il computer e la presa di corrente.
Ma mentre in Italia, e solo a Brescia, iniziamo adesso, la PLC all'estero (Germania, Austria, Scozia, Spagna, Stati Uniti e Giappone) è già diffusa e ben presto si unirà anche la Francia.
In Italia la tecnologia PLC è stata importata da Israele dalla ditta iLight. La Commissione Europea ha da poco finanziato Opera (Open PLC European Research Alliance), un network di aziende ed enti chiamati a contribuire per creare uno standard europeo.

martedì 31 ottobre 2006

California Dreamin'

Fintanto che non vi sarà una volontà politica (ed economica) reale e tangibile poco importa dell'inchiostro speso per scrivere articoli sui giornali su ambiente, effetto serra, fonti di energia rinnovabili e lotta alla fame nel mondo e alle malattie.
Lo stanno dicendo in questi giorni (e grandissimo è stato l'intervento di Giulietto Chiesa alla trasmissione di Maurizio Crozza su La7 ieri sera): nel 2050 le risorse del pianeta non basteranno per tutti; la produzione (in miliardi di tonnellate) di anidride carbonica nell'atmosfera sarà aumentata spaventosamente in maniera esponenziale; l'acqua potabile non basterà per tutti e inizieranno migrazioni di milioni, dico milioni, di persone verso i luoghi dove vi sarà ancora accesso all'acqua, queste masse verranno respinte e scoppierà probabilmente un conflitto; nell'arco degli ultimi 15 anni è aumentato il numero di persone che soffrono la fame; nel mondo siamo 6 miliardi e mezzo di persone, gli Stati Uniti consumano un terzo delle risorse del pianeta (seguiti da Cina e India) e insieme a Cina e India sono il paese più inquinante della terra; nei paesi poveri si soffre la fame perché, nonostante si abbia cibo per il doppio della popolazione mondiale, il cibo non è distribuito equamente fra paesi ricchi e paesi poveri.
Tutti hanno diritto all'accesso al cibo, ad un cibo equo, pulito e giusto. Poniamo un freno alle multinazionali americane che brevettano le sementi, che sono patrimonio di tutta l'umanità!
Non mi interessa se il governatore della California, Arnold Schwarzenegger, ha emanato una legge relativa al cambiamento climatico (per ridurre del 25% le emissioni di gas entro il 2020), perché questa mossa e questo apparente interesse per questioni ecologiche altro non è che una mossa elettorale per essere riconfermato questo novembre (proprio lui che sponsorizzava gli Hummer, considerati i veicoli più inquinanti sulle strade d'America e non solo).
Non mi interessa se alcune persone a capo di alcune multinazionali si stanno aprendo in favore di politiche "verdi" per il controllo dell'ambiente. I loro discorsi sono sono fatti solo per rabbonire e tranquillizzare, perché il volano è solo e soltanto il profitto e il capitale.
Ma per fortuna la gente attenta si sta rendendo conto che la loro accumulazione di capitale si basa ancora sullo sfruttamento delle risorse non rinnovabili (il petrolio) che inquinano questo pianeta.
Io personalmente non intravedo un futuro roseo, anzi, se si continua di questo passo non intravedo affatto un futuro.
E voi gente, come potete continuare ad ignorare la questione? Mi chiedo come facciate ancora a dormire sonni tranquilli la notte!
Auguri gente.

venerdì 27 ottobre 2006

Grande multinazionale contro paese povero

La multinazionale Starbucks ha bloccato la richiesta dell'Etiopia di brevettare le sue varietà di caffé coltivate.
Una guerrà del caffé per impedire che la registrazione porti al notevole aumento dei guadagni per i contadini, perché questo farebbe anche crescere le spese di acquisto per la società.
L'organizzazione umanitaria Oxfam ha denunciato l'accaduto ma la Starbuck continua a negare ogni cosa, dicendo che è un gruppo intento all'etica.
L'Etiopia: conta 74 milioni di abitanti, il PIL pro capite annuo è di 160 dollari. L'agricoltura rappresenta il 60% del PIL e impiega l'80% della popolazione. Il caffè è il principale prodotto di esportazione. La registrazione dei marchi, secondo il governo, porterebbe 88 milioni di dollari in più ogni anno.
Starbucks: la società è valutata 6 miliardi di dollari. Lo scorso anno ha registrato 3,7 miliardi di dollari di profitti. Nata negli Stati Uniti, si è diffusa in altri 36 paesi, con più di 10.000 negozi in tutto il mondo. E' passata alla storia propinando in tutto il mondo una bevanda nota col nome di "Frappuccino", facendola passare per una tipicità italiana.
Il confronto: 50 dollari al chilo è il prezzo medio dei caffè etiopici da Starbucks; 1,20-2,40 dollari al chilo è quanto guadagnano i coltivatori etiopici per ogni chilo di caffè.
Starbucks è accusata dalla Oxfam, una delle più vecchie e rispettate ONG al mondo che da Londra ha reso il suo marchio sinonimo di "giusto e buono" in tutto il mondo, di aver bloccato, nascondendosi dietro la National Coffee Association (di cui è uno dei più potenti membri) il tentativo dell'Etiopia di far registrare i nomi di 3 delle sue più pregiate varietà: Sidamo, Harar e Yirgacheffe, presso l'Ustpo, l'ufficio brevetti americano. La richiesta è ferma da più di un anno, bloccata dalla Nca che vuole che l'utilizzo dei nomi e dei chicchi resti libero dal cosiddetto copyright. Se la registrazione fosse approvata, chiunque utilizzasse i chicchi di queste piante dovrebbe pagare, oltre a garantire la loro origine, un diritto di sfruttamento del marchio al governo etiope, mossa che porterebbe nelle casse dello Stato, uno dei più poveri del mondo e con un'aspettativa di vita intorno ai 47 anni, un incremento sostanziale rispetto ai 156 milioni che vengono ricavati ogni anno dalla esportazione del caffè.
Starbucks vende i caffè Sidamo e Harar a 26,29 dollari per 450 grammi, ma i contadini in Etiopia guadgnano per la stessa quantità tra i 30 e i 59 centesimi.
Speriamo che il grido di disperazione dei contadini venga raccolto e ascoltato.

Terra Madre

A Torino la seconda edizione di Terra Madre per riunire gli stati maggiori del cibo. I poveri guardano i ricchi e scoprono la possibilità di un futuro diverso: più l'economia diventa globale e più conta il locale. E le radici delle diversità e di ciò che crea valore sono nelle mani dei contadini e degli allevatori, dei pescatori e dei raccoglitori.
Nel mondo ci sono 850 milioni di affamati e 600 milioni di obesi e di persone che hanno problemi col colesterolo. Questa pazzia nasce da un errore di fondo, e cioè aver voluto trapiantare i "valori" dell'industria nel mondo agricolo, avendo stravolto i suoi millenari ritmi delle campagne in nome di un'assurda crescita fine a se stessa che sta sottraendo la salute agli esseri umani e al pianeta, minacciato dal collasso degli ecosistemi.
Per tentare di frenare la corsa verso l'autodistruzione collettiva si dovrebbe lanciare la nuova stagione dei diritti all'acqua, all'aria pulita e alla biodiversità e fermare il genocidio culturale dei saperi tradizionali tipici del mondo rurale. Parola di Carlo Petrini, inventore di Slow Food.
Il progetto di un'agricoltura che indichi nuovi valori di vita, nuovi modelli di consumo può affrontare la sfida di un ambiente troppo devastato dalla crescita senza regole e dal cieco sfruttamento di risorse preziose e limitate come l'acqua e la terra.

Il Brasile può indicare la strada del futuro?


Unico al mondo, il Brasile, ha convinto l'80% degli automobilisti ad utilizzare macchine ad etanolo estratto da zucchero di canna.
Questo in un periodo in cui il prezzo del greggio sta impazzendo sui mercati.
Questo potrebbe dirla lunga sulla minimizzazione delle emissioni di anidride carbonica e gas inquinanti, scegliendo strategie alternative al petrolio.
Ma il programma bioenergetico del Brasile viene da lontano, per ridurre la dipendenza dal petrolio durante un periodo, gli anni '70, di grave crisi.
Ma alla produzione di carburanti ecologici prima o poi si dovranno convertire tutti, per rispettare il Protocollo di Kyoto.
Grazie alla sperimentazione iniziata 30 ani fa il Brasile si sta portanto lentamente verso l'autosufficienza energetica. Soltanto il 38,6% dell'energia in Brasile continua a venire dal petrolio (che il paese comunque possiede, se ne estraggono 1,9 milioni di barili al giorno e se ne consumano 1,8), mentre il 44% è ottenuto grazie a prodotti rinnovabili.
Al centro di questa rivoluzione verde, per cui il Brasile può sostenere di essere sul lungo periodo una delle economie meno inquinati al mondo, ci sono la canna da zucchero e una tecnologia per le auto chiamata Flex, che consente di utilizzare come combustibile sia la benzina che l'etanolo. Il brevetto è italiano e la FIAT Brasile ha già messo in commercio l'ultimo modello che permetterà di usare 3 tipi di combustibile, aggiungendo agli altri 2 anche il metano.
Oggi il Brasile produce 16 milioni di litri di etanolo, ma per 2010 si spensa di arrivare a 26 milioni.
L'altra frontiera è il biodiesel, estratto dai vegetali. E' già pronto uno stabilimento di produzione.
Il Brasile, anche per quanto riguarda il sole come fonte di energia ha in alcuni stati una legislazione all'avanguardia. A San Paolo la legge obbliga a costruire impianti solari per il riscaldamento dell'acqua in tutti gli edifici di nuova realizzazione e in quelli che vengono ristrutturati.
Un altro settore in forte crescita è l'agricoltura biologica: in pochi anni il Brasile è divenuto leader nell'esportazione di zucchero e succo d'arancia biologici.
Infine l'ultimo aspetto che può vantare è il contenimento della deforestazione amazzonica. La contingenza fortuita, oltre all'azione del governo, è anche il calo del prezzo della soia. Di conseguenza è diminuito il disboscamento illegale per fare spazio a nuove piantagioni. Rilevazioni satellitari dal 2005 hanno dimostrato che l'assalto alla foresta pluviale ha registrato una diminuzione dell'11%.

Il volto oscuro della Turchia

La Turchia è sotto osservazione da parte dell'Europa. Si sta valutando l'opportunità del suo ingresso nell'Unione.
Gli artisti turchi dell'ultima generazione si stanno impegnando da tempo a denunciare gli aspetti più inquietanti della politica di Ankara.
Si inagura domani 28 ottobre alla Villa Manin di Passariano (UD) la mostra EurHope 1153. Fino al 25 febbraio 2007, www.villamanincontemporanea.it.
La mostra presenta un popolo lacerato dalle tensioni sociali, dalla repressione politica alla questione dei curdi, che sperano dall'Unione Europea di avere una possibilità di riscatto.
Mentre si dibatte sull'opportunità di far entrare la Turchia la mostra, senza prendere posizioni, vuole dare al pubblico la possibiltà di comprendere i diversi volti della Turchia contemporanea, mettendo sotto i riflettori gli aspetti che i politici turchi vogliono oscurare.

Tequila patrimonio dell'umanità

Nella città che dà il nome al famoso liquore gli abitanti conducono una vita tranquilla e semplice.
Con le sue taverne, le sue antiche fabbriche di liquori e 116.000 ettari vocati alla coltivazione della preziosissima ed unica agave blu, la città è entrata ufficialmente sotto la protezione dell'UNESCO, che ha aggiunto il posto e le sue campagne tra le meraviglie del pianeta, insieme agli ultimi arrivati: un santuario cinese dei panda giganti e le antiche moschee di Harar in Etiopia.
Agave e tequila hanno le radici nell'era pre-ispanica e il prodotto deve essere un riconoscimento più alle comunità indigene che alle industrie.
Per secoli e prima dell'arrivo degli spagnoli il (in Messico è rigorosamente maschile) tequila veniva bevuto da anziani e sacerdoti, in medicina era usato per curare l'artrosi. I colonizzatori prima ne proibirono la produzione, poi imposero imposte e monopoli e infine nel Settecento ne autorizzarono il libero commercio.
Il tequila viene prodotto grazie ad una particolare qualità di agave, Weber, che porta il nome del tedesco che per primo la catalogò.
Gli statunitensi hanno cercato in tutti i modi di riprodurre il liquore, senza successo. Furti di piante e casi di spionaggio industriale in 60 anni fortunatamente non hanno per loro dato i risultati sperati. Sarà per la qualità del terreno che la "pigna" (il cuore) di agave è inimitabile.
42.000 famiglie lavorano per 71 produttori e 550 marche. 300.000 tonnellate di agave, 160.000 litri ogni anno, la metà destinata all'esportazione.
Il riconoscimento dell'UNESCO riguarda una zona che offre straordinarie opportunità turistiche. Si sta facendo molto per promuovere il tutto, ma ancora non basta. Il nuovo status si spera che renderà finalmente giustizia a tutta la valle.

India affamata

Le due facce dell'India: una povera ed immobile nel suo sistema di caste, l'altra lanciata in uno sviluppo a dir poco travolgente.
A Roma, dal 4 novembre prossimo la FAO terrà l'ennesimo vertice mondiale sull'alimentazione. Si parlerà di accesso al cibo, impedito dalla globalizzazione che privilegia gli agricoltori dei paesi ricchi, finanziati dai propri governi per esportare là dove i piccoli contadini del Sud del mondo coltivano a fatica la terra. Si parlerà di OGM e delle sementi geneticamente modificate che vengono vendute dalle multinazionali ai paesi poveri col miraggio di produzioni più ricche. Sementi che però devono essere rinnovate di anno in anno e che costringono, dato il caro prezzo, gli agricoltori poveri ad indebitarsi per ricomprarle.
E a questo summit la voce dell'India sarà di Ranjan Manas, combattivo esponente di Action Aid, ONG britannica che opera in 42 paesi. Spetterà a lui fare la domanda carica della speranza di chiarimenti sulle responsabilità dei governi, le promesse non mantenute e lo stesso ruolo della FAO.
Nel Rajastan il governo sta procedendo con espropri che lasciano le famiglie senza terra da coltivare, quella terra che è ricca di giacimenti minerari. Il governo locale costringe i contadini a vendere la loro terra per pochi soldi e da quella terra sorgono miniere.
Manas spiega che nel 1996 a soffrire la fame erano 835 milioni di persone, oggi sono 852 milioni. In India il 47% dei bambini è denutrito e metà della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno. Il governo ha emanato una legge che dà lavoro per 100 giorni ai capifamiglia poveri, attraverso impieghi di pubblica utilità. L'unico problema è che a decidere chi è povero e chi no è solo il governo, che si sta muovendo con criteri poco chiari e non aderenti alla realtà.

Facciamo un'unica politica estera comune per l'UE

Un sondaggio nei 25 paesi sulla voglia di una posizione unica, comune a tutti, in materia di politica estera. In testa tedeschi, lettoni, lituani ed estoni. L'Italia al 75%.

Un solo ministro, un'unica politica
Ecco i risultati:
D: E' favorevole a una politica di difesa comune a tutti gli Stati europei?
R: A favore, 77%. Contro, 15%. Senza opinione, 8%.

D: E' favorevole a un ministro degli Esteri dell'Unione che parli per tutti?
R: A favore, 67%. Contro, 21%. Senza opinione, 12%.

Gli europei si stanno rendendo conto che i loro paesi, grandi o piccoli che siano, da soli non ce la possono fare a sostenere i rapporti internazionali.
Ma chi sta frenando finora? Sono soprattutto i governi e alcuni ministeri degli Esteri. C'è chi è geloso della propria sovranità nazionale per motivi di grandeur (vedi la Francia), e chi invece per la pressione dei propri funzionari.
Ma l'azione decisiva dei paesi europei in Libano dimostra finalmente che gli Stati Uniti non hanno più il monopolio politico in Medioriente.

George W. e i suoi fratelli

Esce la biografia dell'unica femmina, Dorothy Bush, figlia di papà George Bush Senior e sua moglie la "babbiona" Barbara. Il titolo del libro pare le sia stato suggerito dallo stesso padre: "Mio padre, il mio presidente" (che modesto!)
Ma come mai che non fa nessun riferimento alla prima guerra del Golfo e ai legami sauditi di suo padre attraverso il Carlyle Group?
Il libro ci presenta il ritratto di suo padre, il quale, di fronte ad una decisione cruciale si domandava: "Cosa avrebbe fatto mio padre Prescott?". Il nonno di George W. fece ottimi affari con i nazisti e fu socio di Friedrick Flick, processato e condannato a Norimberga.
George W. e i suoi fratelli:
- Jeb; con il mandato in scadenza di George nel 2007 si vocifera che potrebbe candidarsi alle presidenziali del 2008. Non dimentichiamo che fu al centro di polemiche per l'incertezza del voto nel suo Stato (la Florida) alle presidenziali che videro opposti George W. e Al Gore.
- Marvin Pierce, grazie all'aiuto di buoni amici di famiglia ha fatto parte, dal 1993 al 2000, del CDA della Stratasec, società specializzata in sistemi di sicurezza che ha nel suo portafoglio il World Trade Center, l'aeroporto di Dulles e United Airlines, tutti nomi legati all'11 settembre. Marvin ha lasciato la compagnia nel 2000 quando è stata acquistata dalla Kuwait-American Corp., società strettamente legata al Kuwait dove, lo ricordiamo, si scatenò la prima guerra del Golfo, di cui era stato, qualche anno prima azionista. Su questi legami si son fatte numerose illazioni, ma mai nessuna accusa reale;
- Neil Mallon, reso famoso dal fallimento, alla fine degli anni '80, della Silverado Saving & Loan, banca di cui era presidente: dovuto principalmente al prestito, mai restituito, di 100 milioni di bei dollaroni alla Jnb Exploration, compagnia petrolifera senza petrolio, di cui era socio. Il fallimento lasciò ai contribuenti un buco da 1 miliardo di dollari, mentre lui se la cavò con una multa da 50.000 dollari (comunque anche George W. tentò da giovane di diventare businessman col petrolio, fallendo. Fu da allora che iniziò a intraprendere la carriera politica). Nel 1999 Neil fonda la società di software educativi Ignitel, finanziata con 23 milioni di dollari racimolati un po' qua e un po' là in giro per il mondo: Taiwn, Giappone, Kuwait, Isole Vergini Americane e Emirati Arabi Uniti. Il suo ultimo prodotto, COWs (Curriculum On Wheels), è una macchina che dovrebbe aiutare i bambini a memorizzare dati attraverso cartoni animati e filastrocche, e sarebbe particolarmente utile a superare i test selettivi imposti dalla discussa riforma scolastica voluta da George W., No Child Left Behind (Nessun bambino rimanga indietro). COWs avrebbe effettivamente elevato i successi scolastici dell'87%, ma molti dicono che in fondo in fondo non lasci nessuna informazione di sostanza. Il prodotto è stato già acquistato in 120 distretti scolastici del Texas, ex governatorato del fratello George W. La Florida di Jeb si prepara ad affrontare anch'essa la spesa e ben presto il prodotto potrebbe conquistare l'intero paese.
Nessun Bush è stato lasciato indietro. Proprio una bella famigliola!

lunedì 16 ottobre 2006

Catfish

Ho letto un libro interessante che consiglio a tutti gli appassionati di blues che si vogliono documentare un po' sulla sua storia evolutiva. Si intitola "Blues" e l'autore è Edoardo "Catfish" Fassio, giornalista e conduttore radiofonico di trasmissioni sul blues. La casa editrice è Editori Laterza, la collana si intitola "Contromano".Scrittura e linguaggio semplici e scorrevoli, senza quel tono cattedratico da saggio mattone come quelli scritti da intellettualoidi che credono di sapere tutto loro sull'argomento. Complimenti Catfish e buon lavoro, continua a diffondere il linguaggio del blues!

Bamako

Dovrebbe uscire da mercoledì 18 ottobre, forse principalmente nel circuito dei cinema d'essai, un film che dalle premesse sembra bellissimo e poetico e serio e che è stato in concorso ai festival di Cannes e di Toronto. E' di un regista africano originario della Mauritania, che ha alle spalle già altre buone produzioni ambientate nel vicino Mali dove lui si è trasferito.La protagonista femminile è un'attrice già famosa in Francia e con alle spalle, a soli 30 anni di età, una buona carriera cinematografica con un sacco di film (di recente ha fatto una particina anche in Bambole Russe, seguito de L'Appartamento Spagnolo, divertenti e spassosi entrambi).Un sunto della trama del film intitolato "Bamako" l'ho trovato in inglese su Yahoo: "Bamako. Melé is a bar singer, her husband Chaka is out of work and the couple is on the verge of breaking up... In the courtyard of the house they share with other families, a trial court has been set up. African civil society spokesmen have taken proceedings against the World Bank and the IMF whom they blame for Africa's woes... Amidst the pleas and the testimonies, life goes on in the courtyard. Chaka does not seem to be concerned by this novel Africa's desire to fight for its rights...". Lo spunto della trama è profondo e dovrebbe invitarci a riflettere. Mi sembra di aver capito che ci sia anche l'attore afro-americano Danny Glover (quello di Arma Letale, per internderci), che ha già dimostrato di essere un attivista per i diritti dell'Africa, andando a manifestare con un gruppo di sudanesi a Los Angeles per le barbarie e il dramma della guerra in Darfur, incatenandosi con loro e facendosi arrestare dalla polizia.L'attrice protagonista di Bamako è una tipica bellezza d'ebano, sto parlando di Aissa Maiga, attrice franco-senegalese nata a Parigi. Inutile dire che sono rimasto affascinato.

The blues

Tutti voi ricorderete che il 2003 è stato proclamato dal Parlamento americano "Anno del blues" e che sulla scia di questo è stata prodotta una serie di film-documentari tra i quali spiccano "L'anima di un uomo" di Wim Wenders, "Dal Mali al Mississippi" di Martin Scorsese e "Piano Blues" di un Clint Eastwood che ormai si è spostato più dietro la macchina da presa (maggiori informazioni su questo magnifico progetto e sugli altri film della serie si possono avere dal sito della PBS, network televisivo e radiofonico indipendente americano: http://www.pbs.org/theblues/).Quello che però vorrei veramente segnalare è una serie di 13 trasmissioni radiofoniche che sono state trasmesse in quell'anno sulla storia del blues, e il bello è che queste trasmissioni sono state archiviate in un sito web e possono essere scaricate gratuitamente dal seguente indirizzo:http://www.yearoftheblues.org/radio/index.aspAuguro buon ascolto a tutti coloro che, come me, vorranno che questo materiale entri a far parte della propria personale discografia!

Mondo Piccolo

Sarebbe molto bello riparlare del “Mondo Piccolo”, come lo definiva Guareschi, caratterizzato da un ambiente, come quello della Pianura, fatto di “strade lunghe e diritte, case piccole pitturate di rosso, di giallo e di blu oltremare, sperdute in mezzo ai filari di viti. Nelle sere d’agosto si alza lentamente, dietro l’argine, una luna rossa ed enorme che pare roba di altri secoli. E in un paese come questo, basta fermarsi sulla strada a guardare una casa colonica affogata in mezzo al granturco e alla canapa, e subito nasce una storia...”Sono nato a Bologna e vivo in un paese di quella che dalle nostre parti viene definita “Bassa”. Sono innamorato di questo paesaggio che, pur non essendo così spettacolare come altri paesaggi del territorio italiano, è comunque meraviglioso e purtroppo ora in grave pericolo a causa della cementificazione selvaggia. Personaggi come Guareschi, Zavattini ed Olmi sono stati conquistati dalla poesia della Bassa: vogliamo che anche le generazioni future possano gustare quanto noi siamo ancora in grado di gustare adesso.Ricordiamo la forza, il valore e l’importanza dei nostri dialetti.

Multiple Equilibria in a modified Solow-Swan Model

Interessante questo studio del giovane Thomas Bassetti, dottorando presso il Dipartimento di Economia dell'Università di Pisa, in cui lui analizza l'effetto dell'educazione (intesa come educazione scolastica, come formazione) sulla crescita economica.
Sin dagli anni '60 l'argomento "formazione e crescita economica" ha da sempre interessato un numero crescente di economisti, ma è solo a partire dagli ultimi 10 anni che le analisi statistiche su questo argomento sono state migliorate, grazie alla disponibilità relativamente recente di dati più aggiornati ed affidabili sullo sviluppo e l'andamento del sistema educativo nei vari paesi.
Nella letteratura economica l'educazione viene considerata uno degli input più importanti nella creazione di capitale umano, inteso come l'accumulazione di capacità ed esperienze che rendono i lavoratori più produttivi.
In un contesto di concorrenza non perfetta, l'economista Lucas nel 1988 fornisce un modello in cui la Ricerca e lo Sviluppo possono sostenere e supportare la crescita del PIL di un paese nel lungo termine.
L'educazione gioca un ruolo fondamentale nella crescita economica quando un sistema economico ha un tasso relativamente alto di cambiamenti tecnologici. In questo caso, elevati livelli di capitale umano sono necessari a sostenere alte percentuali di progresso tecnologico.
Nel 1995 Donald O'Neill scoprì che per il periodo 1967-1985 il ritorno all'educazione è aumentato del 58% nei paesi industrializzati e del 64% nei paesi meno sviluppati. Analizzando l'effetto del capitale umano in un'economia aperta, Isaksson (2002) ha avuto prove della relazione non-lineare tra educazione e la sua produttività.
Lo studio oggetto di questo post fornisce un inquadramento teorico in cui l'educazione può generare un processo di accumulazione di capitale umano non lineare. L'idea di fondo del modello è l'esistenza di un tasso di obsolescenza crescente del capitale umano, utilizzando i risultati per ottenere un modello di Solow-Swan modificato che presenta 3 differenti equilibri, in cui l'equilibrio inferiore in termini di capitale fisico pro-capite è inteso come "caso della trappola della povertà".
Gli individui gestiscono il proprio tempo tra l'acquisizione di una educazione scolastica formale e lo svolgimento di un lavoro. Pertanto decidono all'inizio quanto tempo investire sulla loro formazione, mentre se iniziano a lavorare, sarà poi più difficile per loro tornare ad un percorso di studi successivamente. Seguendo la teoria standard della crescita, questo studio considera l'educazione il fattore più importante nella produzione di capitale umano: la creazione di capitale umano dipenderà dall'immagazzinamento di informazioni e conoscenze e dalla produttività ed efficienza del settore educativo e scolastico, mentre la distruzione dello stesso dipenderà dalla quantità di capitale umano soggetto al tasso di obsolescenza che, secondo McPherson e Winston (1983), aumenta all'aumentare della specializzazione, oltre che dei cambiamenti tecnologici (Rosen, 1976, Weiss-Lillard, 1978 e Johnson, 1980). Pertanto, siccome l'innovazione riguarda la frontiera della conoscenza, si può riscontrare un tasso di obsolescenza più elevato per la conoscenza più avanzata e sviluppata, la quale richiede un notevole investimento di tempo nel perido formativo.
Va da sé che nei paesi più ricchi le persone investono più tempo nell'educazione rispetto ai paesi più poveri.
L'educazione secondaria sviluppa le conoscenze di base ottenute durante la scuola primaria, rendendo possibile la continuazione dell'apprendimento in futuro e la crescita umana. La scuola secondaria fornisce un'educazione più dettagliata ed una preparazione più ampia. Ogni passo, durante il processo di accumulazione del capitale umano, è necessario per il passo successivo.
In conclusione questo studio mostra come l'educazione e la "dote" del capitale fisico pro-capite sono positivamente correlate: investire sull'educazione è un modo per i paesi più poveri di uscire da una situazione caratterizzata da bassi livelli di capitale fisico pro-capite.

Notizia da "Terredimezzo"

Notizia pubblicata da questo che ama chiamarsi "giornale di strada" qualche tempo fa:

Wal-Mart, la più grande catena di supermercati americana nel mondo, sarebbe intenzionata a vendere prodotti del commercio equo e solidale.
Questo colosso del capitalismo americano (che ha legami con centinaia di gruppi del settore DO) si è da sempre contraddistinto per la spregiudicatezza nei rapporti con i produttori-fornitori e con i propri dipendenti.
Si legge che da poco abbia intavolato rapporti commerciali con Café Bom Dia, produttore brasiliano di caffè equo e solidale e ha mandato i propri dirigenti in visita di persona presso le cooperative eque e solidali latinoamericane, al fine di trovare nuove intese.
Ci si chiede a questo punto come farà la Wal-Mart a coniugare la ricerca dei costi più bassi di mercato con quelli praticati dal commercio equo e solidale e soprattutto se questa "apertura" alla commercializzazione di nuovi prodotti non sia sotto sotto una nuova e velata forma di sfruttamento da imperialismo post-moderno dai guanti di velluto!