venerdì 27 ottobre 2006

Tequila patrimonio dell'umanità

Nella città che dà il nome al famoso liquore gli abitanti conducono una vita tranquilla e semplice.
Con le sue taverne, le sue antiche fabbriche di liquori e 116.000 ettari vocati alla coltivazione della preziosissima ed unica agave blu, la città è entrata ufficialmente sotto la protezione dell'UNESCO, che ha aggiunto il posto e le sue campagne tra le meraviglie del pianeta, insieme agli ultimi arrivati: un santuario cinese dei panda giganti e le antiche moschee di Harar in Etiopia.
Agave e tequila hanno le radici nell'era pre-ispanica e il prodotto deve essere un riconoscimento più alle comunità indigene che alle industrie.
Per secoli e prima dell'arrivo degli spagnoli il (in Messico è rigorosamente maschile) tequila veniva bevuto da anziani e sacerdoti, in medicina era usato per curare l'artrosi. I colonizzatori prima ne proibirono la produzione, poi imposero imposte e monopoli e infine nel Settecento ne autorizzarono il libero commercio.
Il tequila viene prodotto grazie ad una particolare qualità di agave, Weber, che porta il nome del tedesco che per primo la catalogò.
Gli statunitensi hanno cercato in tutti i modi di riprodurre il liquore, senza successo. Furti di piante e casi di spionaggio industriale in 60 anni fortunatamente non hanno per loro dato i risultati sperati. Sarà per la qualità del terreno che la "pigna" (il cuore) di agave è inimitabile.
42.000 famiglie lavorano per 71 produttori e 550 marche. 300.000 tonnellate di agave, 160.000 litri ogni anno, la metà destinata all'esportazione.
Il riconoscimento dell'UNESCO riguarda una zona che offre straordinarie opportunità turistiche. Si sta facendo molto per promuovere il tutto, ma ancora non basta. Il nuovo status si spera che renderà finalmente giustizia a tutta la valle.

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