venerdì 27 ottobre 2006

Grande multinazionale contro paese povero

La multinazionale Starbucks ha bloccato la richiesta dell'Etiopia di brevettare le sue varietà di caffé coltivate.
Una guerrà del caffé per impedire che la registrazione porti al notevole aumento dei guadagni per i contadini, perché questo farebbe anche crescere le spese di acquisto per la società.
L'organizzazione umanitaria Oxfam ha denunciato l'accaduto ma la Starbuck continua a negare ogni cosa, dicendo che è un gruppo intento all'etica.
L'Etiopia: conta 74 milioni di abitanti, il PIL pro capite annuo è di 160 dollari. L'agricoltura rappresenta il 60% del PIL e impiega l'80% della popolazione. Il caffè è il principale prodotto di esportazione. La registrazione dei marchi, secondo il governo, porterebbe 88 milioni di dollari in più ogni anno.
Starbucks: la società è valutata 6 miliardi di dollari. Lo scorso anno ha registrato 3,7 miliardi di dollari di profitti. Nata negli Stati Uniti, si è diffusa in altri 36 paesi, con più di 10.000 negozi in tutto il mondo. E' passata alla storia propinando in tutto il mondo una bevanda nota col nome di "Frappuccino", facendola passare per una tipicità italiana.
Il confronto: 50 dollari al chilo è il prezzo medio dei caffè etiopici da Starbucks; 1,20-2,40 dollari al chilo è quanto guadagnano i coltivatori etiopici per ogni chilo di caffè.
Starbucks è accusata dalla Oxfam, una delle più vecchie e rispettate ONG al mondo che da Londra ha reso il suo marchio sinonimo di "giusto e buono" in tutto il mondo, di aver bloccato, nascondendosi dietro la National Coffee Association (di cui è uno dei più potenti membri) il tentativo dell'Etiopia di far registrare i nomi di 3 delle sue più pregiate varietà: Sidamo, Harar e Yirgacheffe, presso l'Ustpo, l'ufficio brevetti americano. La richiesta è ferma da più di un anno, bloccata dalla Nca che vuole che l'utilizzo dei nomi e dei chicchi resti libero dal cosiddetto copyright. Se la registrazione fosse approvata, chiunque utilizzasse i chicchi di queste piante dovrebbe pagare, oltre a garantire la loro origine, un diritto di sfruttamento del marchio al governo etiope, mossa che porterebbe nelle casse dello Stato, uno dei più poveri del mondo e con un'aspettativa di vita intorno ai 47 anni, un incremento sostanziale rispetto ai 156 milioni che vengono ricavati ogni anno dalla esportazione del caffè.
Starbucks vende i caffè Sidamo e Harar a 26,29 dollari per 450 grammi, ma i contadini in Etiopia guadgnano per la stessa quantità tra i 30 e i 59 centesimi.
Speriamo che il grido di disperazione dei contadini venga raccolto e ascoltato.

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