lunedì 16 aprile 2007

Follia 2



Non lo nego: sono ricoverato in un manicomio; il mio infermiere mi osserva di continuo, quasi non mi toglie gli occhi di dosso perché nella porta c'è uno spioncino, e lo sguardo del mio infermiere non può penetrarmi poiché lui ha gli occhi bruni, mentre i miei occhi sono celesti. Il mio infermiere non può dunque essermi nemico.
Ho preso a volergli bene, a questo controllare appostato dietro allo spioncino. Appena mi entra nella stanza, gli racconto vicende della mia vita; così, nonostante lo spioncino che gli è d'ostacolo, impara a conoscermi. Il brav'uomo sembra apprezzare i miei racconti, perché appena gli ho raccontato qualche fandonia per mostrarmi la sua gratitudine mi fa vedere la sua ultima composizione di nodi. Non vorrei affrontare il problema di stabilire se sia un artista.
Una mostra delle sue creazioni sarebbe però accolta con favore dalla stampa, e attirerebbe anche qualche compratore.
Egli fa nodi con spaghi comuni che dopo le ore di visita raccoglie e districa nelle camere dei suoi pazienti, creando complessi fantasmi cartilaginosi; poi li immerge nel gesso, li lascia irrigidire e li infilza su ferri da calza, fissati sopra zoccoli di legno. Spesso accarezza l'idea di colorare queste sue opere. Io lo sconsiglio, gli addito il mio letto metallico laccato di bianco e gli chiedo di immaginare questo letto così perfetto dipinto a vivaci colori. Allora, alzando le sue mani di infermiere, inorridito se le mette nei capelli, tenta, col suo viso un po' troppo rigido, di dare espressione simultanea a tutte le ansie che lo assalgono, e desiste dai suoi variopinti piani [...]
Continua su IL TAMBURO DI LATTA, di Günther Grass

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