lunedì 30 aprile 2007
1° maggio
FANTASIA DEL 1° MAGGIO 2007
Trovarsi il 1° Maggio dentro al raggio
d'occhio di donna intenso indagatore
che cerca nel pulviscolo d'un sole
sconfitta del padrone che assai pazzo
non vuole ancor capire che il lavoro
costa a famiglie intere più dell'oro!
E in cambio inquinamenti e malattie
nei cieli al mare o in bici nelle fabbriche:
potessi averle in mente certe raffiche
atte a squagliar le loro furberie!
Indi ai fanciulli puri un mondo nuovo
far nascere, covando azzurro uovo!
FANTASÎ DAL PRÉMM ED MÂZ
Truvèrs al Prémm ed Mâz däntr al râz
d òc' ed dòna intäns indagadåur
ch'al zairca int al pulvésscol d'un såul
scunfétta dal padrån dimondi mât
ch'an vôl ancåur capîr che al lavurîr
al cåssta al famai intîri pió che l'ôr!
E in cânbi inquinamént e malatî
in zîl al mèr o in bici int äl fâbric:
s'a pséss avairi in mänt zérti râfic
bòni par dsfèr äl såu furbarî!
Pò ai fangén pûr un månd nôv
fèr nâser, cuvand zelèst un ôv!
domenica 29 aprile 2007
La fabbrica del futuro...
(Warren G. Bennis)
Ricordo di una fine di marzo
Un’oretta di passeggiata di mattina sul tardi, prima dell’ora di pranzo. Una camminata sulla spiaggia, in riva al mare, per respirare a pieni polmoni l’aria salmastra e prendersi il sole di primavera (io, pallido venuto dalla Pianura Padana).
Osservo il mare, il suo colore, la tonalità, l’intensità e la vivacità. Boe sparse qua e là come tante teste emerse dall’acqua e sottoposte al perpetuo supplizio delle onde.
La spiaggia è quasi vuota. Di tanto in tanto giovani coppie, con bimbo piccolo al seguito o senza, oppure bimbi con mamme giovani e carine, persone a spasso col cane o in tuta che corrono, gruppi di amici che passeggiano e discutono e in ultimo qualche individuo di animo temerario e zingaresco che, in costume, si sdraia su un telo da mare a prendere il sole senza curarsi del vento ancora un po’ freddo.
Pedalò infossati, funghi disseminati qua e là e sprovvisti di ombrelloni, qualche sedia o sdraio, chalet per forza di cose ancora chiusi, con i giochi per bambini ricoperti dalla sabbia. Trattori parcheggiati, vecchi giganti rugginosi, con al traino un motoscafo o una barca da pesca. Qualche pescatore che ritorna a casa camminando eretto, portamento fiero, sguardo fisso dinanzi a sé e capelli al vento. Individui maturi e pieni di dignità, con il profilo greco e la pelle eternamente bruciata dal sole.
Cammino e guardo la sabbia. Vedo ossi di seppia e mi ricordo di Montale: il mare agitato è il simbolo della vita vissuta con il suo tormento e questi ossi di seppia lasciati sulla spiaggia dalle correnti rappresentano noi, il nostro abbandono e la nostra fine.
Ma la spiaggia è ricca di tanti altri elementi. Orme di zoccoli di cavalli (qualcuno è venuto sul presto a cavalcare sul bagnasciuga), legni di varie dimensioni – tra di loro pezzi di tronchi di palma – trasportati dalle correnti, miriadi di quelle che nella lingua di queste parti vengono chiamate “cocchie” di cozze, vongole ecc.
Ma ci sono anche cose che contribuiscono a dare alla sabbia un fascino macabro (ad esclusione dei vari vecchi pneumatici, pezzi di polistirolo o pezzi di plastica di varie fogge, dimensioni e colori, elementi tutt’altro che poetici ed esempi di cose che per quanto siano facili da produrre in grandi quantità è di contro difficile sbarazzarsene): una carcassa di gabbiano morto, ancora con qualche piuma addosso e una cosa in particolare che ho trovato. A vederla da lontano mi sembrava una zanna d’elefante levigata dalla corrente (il circo passa spessissimo da queste parti), ma poi mi sono avvicinato e ho visto meglio: è un pezzo d’osso, di osso dell’anca, quindi un osso umano. Come ha fatto a finire qui sulla spiaggia? E’ stato senz’altro trasportato dal mare. Ho voluto pensare che sia un resto mortale di una persona sfortunata inghiottita dalla furia delle onde del mare in tempesta. L’ho raccolto e portato a casa.
sabato 28 aprile 2007
Qualcosa su Bologna e il suo vernacolo
Il fotografo Andrea Rossi, autore dei calendari con le foto di Bologna che ogni anno vengono puntualmente messi a disposizione per un download gratuito sul Sit Bulgnais (www.bulgnais.com), già da un po' di tempo sta portando avanti una sua interessante iniziativa, dal titolo "Bologna che scompare", che vi riporto dalle sue vive parole:
si trova il vecchio vocabolario bolognese dell`Aureli, del 1851. Cliccando sulle freccette azzurre potrete scorrerlo completamente, se cercate una pagina particolare potete digitarla nell`apposita casella e cliccare su Vai.
Google Ricerca Libri è un`iniziativa di Google che, intendendo creare un`enorme biblioteca virtuale dello scibile umano, da tempo sta inserendo in rete i libri non più protetti dal diritto d`autore.
Il vocabolario bolognese di Mariano Aureli è in effetti antico e non utilizzabile oggi se non con molte accortezze, ma rappresenta una chicca bibliografica di primo piano.
www.loopmm.com
www.3dloop.com
www.futurefilmfestival.org
Ad opera del giovanissimo informatico Martino Semprini, ecco Google in bolognese.
Non si tratta di uno scherzo tanto per esercitarsi in una traduzione giocosa dall'inglese informatico al bolognese, Gûgol Bulåggna funziona davvero!
Per provarlo, andate su http://sergiodirio.altervista.org/gugol e provate a scrivere ad esempio Romano Prodi, Tony Blair o Jacques Chirac: usciranno siti ufficiali, giornali e Wikipedia.
***
Iniziativa letteraria di Sandro Sermenghi: il Sito Bolognese pubblicherà da 1 a 4 "poesie indeformabili" per autore. Per "poesie indeformabili" si intendono quelle costruite attorno alla quartina
agranplères só pr i mûr/ascultèr d’avsén di fiûr/frecuentèr däl pésst ziclâbil/con poesî indeformâbil
Le poesie devono essere in dialetti dell`area bolognese o di tipo emiliano-romagnolo. Si consiglia di seguire la stessa metrica della quartina fondamentale, vale a dire versi dalle 7 alle 9 sillabe e in rima baciata o alternata. Gli autori pubblicati si considerano membri del "Zîrcuel di Poêta Indeformâbil" ideato da Sandro Sermenghi.
***
Gli amici del sito dell`Associazione Culturale Ponte della Bionda, che ha il merito fra l`altro di avere recuperato l`area del Ponte della Bionda e di tenere pulito quel tratto del canale Navile, hanno messo in rete gli ultimi numeri del giornalino Al Pånt dla Biånnda, tutto scritto in bolognese e redatto da Fausto Carpani. Per scaricarlo e stamparlo: www.pontedellabionda.org/giornalino/index.html
venerdì 27 aprile 2007
Frase
Campanili
La lotta fra guelfi, sostenitori del Papa, e ghibellini, sostenitori dell’imperatore.
Parliamo di campanilismi a partire dalla nascita dei Comuni in Italia. Le innumerevoli differenze che in Italia ancora persistono a livello regionale, se non locale, sono figlie di un’epoca in cui la penisola era politicamente frammentata e in cui l’importanza, il prestigio e la gloria si misuravano con l’altezza delle torri, come ad esempio a Bologna (dove ve ne erano più di cento e adesso ne sopravvivono sì e no una decina), o dall’altezza dei campanili.
Per contrastare il potere teocratico e papale simboleggiato dai campanili di chiese e basiliche, anche il potere laico e filoimperiale inizia la costruzione delle sue torri campanarie, ed è subito scontro tra chi la erige più alta.
Le torri dei palazzi del potere ghibellino sono le prime ad avere, oltre le campane, anche un orologio: perché, se la Chiesa, col rintocco delle sue campane, scandisce il tempo, il potere laico dell’imperatore vuole impadronirsi del tempo.
giovedì 26 aprile 2007
A World Of Trouble
lunedì 23 aprile 2007
Sulla pace
(Benjamin Franklin)
Più che una fine della guerra, vogliamo la fine dei principi di tutte le guerre
(Franklin Delano Roosevelt)
domenica 22 aprile 2007
Il gergo bolognese al giorno d'oggi
- un’immagine non convenzionale della sua città, Bologna;
(Loris Rambelli, Introduzione a REPLAY PER SARTI ANTONIO, Il Giallo Mondadori, 1996)
*A proposito di italiano e della sua situazione:
La situazione italiana è abbastanza particolare perché almeno fino a qualche decennio fa i dialetti erano regolarmente utilizzati in famiglia. Si è venuta ad un certo punto a creare una situazione di coesistenza tra dialetto e lingua italiana, in cui le due lingue venivano utilizzate in contesti comunicativi complementari (non si parla in questo caso di “bilinguismo” perché le due lingue non erano sullo stesso piano, bensì di diglossia, i parlanti utilizzavano due codici linguistici in maniera complementare e uno dei due codici aveva ed ha uno statuto socio-culturale più elevato rispetto all’altro. Bilinguismo al contrario vuol dire che due lingue possono essere scambiate a seconda della volontà dei parlanti).
Sulla base di queste variazioni possiamo distinguere diversi italiani:
1) un italiano colloquiale e/o gergale;
2) diversi italiani regionali;
3) il neostandard;
4) un italiano letterario, burocratico, formale.
Il neostandard è una lingua sovraregionale (anche se poi risente delle diverse provenienze dei parlanti) che dal punto di vista morfologico accoglie, accetta regole, ad esempio di grammatica, che nell’italiano formale non sono ancora accettate e dal punto di vista fonetico si rifà allo scritto e non distingue il grado di apertura delle vocali “e” ed “o”.
La situazione dell’italiano è complessa perché le differenze tra i parlanti del nord, del centro e del sud sono ancora notevoli.
L’italiano settentrionale
- Allungamento delle vocali toniche;
- Cinque vocali e non sette (non c’è distinzione tra chiuse e aperte, non c’è opposizione tra coppie minime, basso rendimento funzionale);
- La sibilante /s/, es. “casa”;
- La “z” che viene resa quasi fricativa;
L’italiano centro-meridionale
- Riconosce un sistema a sette vocali
- Assimilazione dei nessi ND > NN e MB > MM
- Raddoppiamento consonantico di “d” e “g” in posizione intervocalica
- Le varietà meridionali si caratterizzano per la metafonia, con la chiusura della vocale tonica (o > u, e > i), es.: indebolimento, in “sposo” e “spusa”, anche della vocale finale
- Costruzione di frasi particolari. Ad esempio, invece della forma stare + gerundio, come “stare facendo”, si può incontrare “stare a fare”
- Impiego del complemento di termine dove di norma non è previsto, es.: “Sto a guardare a Carlo”
L’italiano parlato
- Semplificazione temporale. A livello verbale, utilizzo sempre più del presente anche per il futuro, il quale viene impiegato più che altro per comunicare un’ipotesi
- Caduta delle vocali finali dovuta alla velocità
- Caduta di sillabe iniziali, es.: ‘giorno < buongiorno
- Utilizzo del passato prossimo al posto del passato remoto (ormai anche nell’italiano meridionale)
- Quasi scomparsa del congiuntivo e in qualche caso sostituzione del condizionale con una forma di indicativo imperfetto. Alla fine il modo che continua a funzionare meglio è l’indicativo
- Il parlato risente molto anche delle terminologie dei mass-media, con un utilizzo sempre più evidente di prestiti.
***
In uno dei capitoli di uno dei tanti romanzi gialli scritti da Loriano Macchiavelli ambientati a Bologna, la scena si svolge nell’antico borgo del Pratello: l’ispettore Sarti Antonio, il protagonista, sta interrogando un ladro che si esprime in un gergo assai particolare, il gergo della malavita che fu di questa particolare zona cittadina. E’ un gergo che, ascrivendo la sua nascita in un periodo compreso tra gli anni ’40 e ’50 del ‘900 (quindi il Secondo Dopoguerra), è stato in grado di catapultare molte delle sue parole direttamente nel gergo parlato dalle giovani generazioni della Bologna di questi anni, creando una sorta di linea di continuità.
Naturalmente c’è chi specula: giornalisti e politici. Niente da eccepire, è il loro mestiere. Ma quando si vede un onorevole, uno di quelli che hanno fatto la passata politica nazionale, che si lega dinanzi a palazzo comunale con un cartello al collo nel quale si legge: “Addio Bologna, isola felice”, viene da ridere.
In quanti ci dovremmo incatenare dinanzi al palazzo comunale di tutte le città con il cartello: “Italia, dove sei finita?”. […]
E perché la finzione sia più reale, i bottegai continuano a vendere prosciutto e mortadella e a fare soldi, i magazzini di abbigliamento aumentano i prezzi e un paio di scarpe costa uno stipendio; i ristoranti sono fra i più cari d’Italia e prendere un taxi è come comperare l’auto che ti trasporta.
Si compra di tutto e ci si riempie lo stomaco.
Un modo per rimbambire che mette in pace le coscienze.
Le discoteche sono piene di giovani che non hanno bisogno di rimbambire perché ci sono nati. […]
Non c’è più la voglia di dire “buongiorno”. O di salutare chi si conosce e si incontra per strada. Si cambia direzione e si evitano noie.
Bologna è una strana città che, se ci guardi bene dentro, ti rendi conto che t’inganna. Ti illude di proteggerti sotto i suoi portici, come nel grembo di tua madre, e non ti permette di guardare dietro le quinte. Dove, appunto, accadono le cose più importanti.
Solo in certe occasioni Bologna è costretta a mostrare il volto segreto. Accade quando c’è da salvare l’immagine della facciata […] In queste occasioni escono tutti alla luce, si mostrano per tranquillizzare se stessi e gli altri, come per dire: “Vedete, io sono qui, io non c’entro”. […]
Ci si dimentica di colpo che, quanto a cattolicesimo bigotto, questa città non è seconda a nessuno. Secoli di dominazione pontificia avranno lasciato un segno, no? Falsa cordialità, ipocrita gentilezza mascherata dalla cantilena del dialetto e dall’affettato arrotondamento di certe parole. O dalla secchezza di altre che vengono pronunciate solo quando ci si dimentica di essere cortesi. Insomma, un parlare da preti.
D’altra parte, non è un caso che tutto, qui, si svolga come in una funzione religiosa. O si svolgeva, ché l’immigrazione ha un poco mitigato i misteri gaudiosi della città.
Esattamente come nelle funzioni religiose, c’è sempre qualcosa di misterico nei fatti che riguardano Bologna; qualcosa di non detto, di nascosto dietro l’altare. Se ci fate caso l’intera città è costruita come un altare. O un palcoscenico, che poi è la stessa cosa. Le quinte nascondono alla vista dello spettatore ciò che non s’ha da vedere. Cioè la commedia vera, quella che conta. E così, stupendi parchi si nascondono dietro facciate di antichi palazzi; botteghe piene di cose straordinarie e preziose si confondono nella penombra dei portici, visibili, ma con discrezione.
In ogni parte del mondo, è il verde che protegge le case; qui no, qui è la casa che nasconde il verde, con gelosia. Altrove, i negozi pagano per mettersi in mostra e le facciate dei palazzi si espongono allo sguardo con ostentazione. A Bologna, se volete ammirare la splendida facciata di un palazzo, dovete uscire dal portico, mettervi in mezzo alla strada e finire sotto le ruote di un autobus.
La città è concepita e costruita in modo da costringere lo sguardo ad altezza d’uomo, per obbligare a “vedere” solo ciò che è permesso: una lunga, interminabile sfilata di portici con i suoi pilastri o colonne; una teoria infinita di chiaroscuri che escono da antichi androni.
Niente a destra e niente a sinistra. Solo dinanzi.
Una città di mutua assistenza che dorme (o sogna) e che si scuote quando entrano in ballo interessi economici e politici. […]
sabato 21 aprile 2007
Antica sera di sconforto
SOSPENSIONE DI GIUDIZIO
IMPOSSIBILITA' A PRONUNCIARSI SULLA NATURA DELLE COSE A CAUSA DELLA LORO INCOMPRENSIBILITA'
AFASIA
Qui ad un certo punto, all'imbrunire una sera, il cielo si è fatto scuro e si è scatenata una tempesta di elettricità nel cielo, la stessa elettricità che mi fa shakerare le gambe per inerzia. I temporali mi rendono dannatamente nervoso ed inquieto come una tigre in gabbia!!! Dovresti vedere gli alberi di quel che ancor resta del mio piccolo mondo non più antico come si agitano, alti e dinoccolati, come le loro lunghe fronde nodose, furiosi all'azione del vento, come tanti balordi dissennati e forsennati.
ABULICO ED AVVILITO DISGUSTO
TU, TU, SI', PROPRIO TU, CHE COSA VIVI, CHE COSA SENTI, CHE COSA RESPIRI, CHE COSA PENSI, CHE COSA OSSERVI E GIUDICHI?
Siamo schiavi della lontananza e dell'incomunicabilità figlie di questa tecnologia assurda. Percepiamo una lieve sofferenza di fondo, una sottile inquietudine che ci fa provare alti e bassi, ma noi abbiamo i paraocchi, i paraorecchie e tiriamo avanti. Ma non andremo troppo lontano!
PAROLE, LEMMI
LEMMI VUOTI
LEMMI PIENI, SONO QUELLI CHE CONTANO, CHE POSSONO ESSERE CONDIVISI, CHE LASCIANO IL SEGNO
IO, TASSELLO, SENZA DI ESSI E' COME SE FOSSI CIECO!
Forzosa condizione di dovermi sopportare e di dovermi tenere compagnia; bramosia di vicinanza muliebre, il contatto e l'odore della pelle soffice e candida, il calore della carne e del respiro. Noia e incompletezza.
SILENZIO...VOGLIA DI PARLARE...MA CHE DIRE?
IL VERO AMICO E' CON CHI PUOI STARE IN SILENZIO, UN INCROCIO DI SGUARDI ED ECCO L'INTESA. IL CONTATTO PROLUNGATO MI FA STARE BENE, TEMPORANEAMENTE MI RASSICURA E MI RASSERENA, MA POI IL COMMIATO E LE STRADE, SE PUR PROCEDENDO VICINE, DI NUOVO SI DIVIDONO E NON SEMPRE SI TANGONO. DI NUOVO INSICUREZZA. IL MIO IO DICE A ME MEDESIMO: "SU, FATTI FORZA CHE DEVI CONTARE SU TE STESSO".
Se per te è diverso, ascolta il suono del tuo silenzio, il tuo respiro, il battito del tuo cuore, senti il flusso del sangue che scorre nelle vene. Concentrati e ascolta il rumore del tempo che scivola via veloce. Talvolta è assordante come un martello pneumatico...
...COME ASSORDANTE E' PER ME IL SILENZIO, E INGOMBRANTE, FIN TROPPO AVVOLGENTE E SOFFOCANTE E' LA PRESENZA DEL BUIO. MORFEO SE N'E' ANDATO, NON C'E' PIU' LUI CHE CON LA SUA PRESENZA RECITA SERENE PAROLE SUADENTI, CANTA DOLCI E SOAVI MELODIE.
Paura, ansia, inquietudine e vergogna. Chi o cosa le ha generate? Dove si celano? Perché col peso dei loro artigli graffiano e scalfiscono le mie carni? Perché non spiccano un infinito volo di non ritorno verso l'ignoto, sconfinato ed incommensurabile universo?
Attesa...attendo, posso attendere, devo attendere. Resto in attesa.
venerdì 20 aprile 2007
Citazione XVII
(Saul Bellow)
Animale da palcoscenico...basta...vorrei...instancabili vibrazioni
Vorrei:
finezza
fantasia
tenerezza
dolcezza
semplicità
sensibilità
il mistero di tutti gli oceani profondi
una pennellata rosa su un fondo blu
esotismo
giada, onice e avorio
leggerezza e sapienza
profumi discreti e agrumati
calma
uno spirito arguto e sottile
il bianco e il verde del mare
profumi d’aghi di pino, di mirto, menta, muschio, di foglie di tè,
perché, in fondo, che male c’è ad anelare alla ricerca delle instancabili vibrazioni:
su un materasso ad acqua
sotto la pioggia
vicino ad un lago
in una pozza d’acqua sulfurea
nel mare
sopra un mucchio di alghe
su una barca da pesca
sul molo di un porto
vicino ad un faro
sotto un cielo pieno di stelle cadenti
oppure sotto una cascata, in una magnifica cornice naturale?
giovedì 19 aprile 2007
Citazione XVI
(Proverbio)
Blue Moon
In particolare per la credenza astrologica che le sue zone piane ed oscure – i mari e gli oceani – abbiano una particolare influenza sul carattere e sugli umori degli uomini.
Prima dell’invenzione del cannocchiale, gli antichi vedevano sulla luna differenti figure: un’irregolare faccia d’uomo, Caino per Dante, un dragone presso i cinesi, la lepre e il coniglio presso le popolazioni precolombiane del Centroamerica e i giapponesi, un uomo decapitato presso gli svedesi, un cane presso i tedeschi e gli indiani.
La luna provoca sulla terra le maree e si suppone che influenzi il tempo e le operazioni agricole.
Le singolarità della luna…posizione e circostanze in cui si scorge la luna nuova offrono presagi per tutta la lunazione; certe operazioni, specie agrarie, vanno compiute durante la fase crescente, altre nelle notti senza luna. Dormire alla luce lunare è considerato pericoloso: si diventa “lunatici”.
La periodica crescita, diminuzione scomparsa e ricomparsa della luna è alla base di importanti miti e culti presso i più diversi popoli. La riapparizione della luna appare come promessa d’immortalità o risurrezione presso popoli di cacciatori, come i boscimani del Sud Africa e d’altra parte presto si forma l’antitesi tra la luna immortale e l’uomo mortale: perciò spesso i miti dell’origine della morte hanno come protagonista la luna. Alle stesse radici risalgono le credenze secondo cui le anime dimorano nella luna. A queste idee è dovuta presso numerosi popoli la regolare celebrazione del novilunio e del plenilunio, per mezzo della quale la luna diventa un elemento fondamentale del computo del tempo.
Di mille
Donne elette eccellenti n’elessi una
Qual non si vedrà mai sotto la luna
(Petrarca)
mercoledì 18 aprile 2007
Inversioni a U
lunedì 16 aprile 2007
Follia 2
domenica 15 aprile 2007
sabato 14 aprile 2007
Citazione XII
(Aristotele)
L'uomo è il rimedio dell'uomo
(Proverbio wolof)
L'uomo esiste, si costruisce e si riproduce solo con l'aiuto di altri uomini. Non esiste uomo senza società, senza storia e senza compassione. Le relazioni di reversibilità, di complementarità e di solidarietà sono costitutive dell'essere umano.
Follia 1
***
Chi era colui? Nessuno. Un povero corpo, senza nome, in attesa che qualcuno se lo prendesse. Ma, all'improvviso, mentre così pensavo, avvenne tal cosa che mi riempì di spavento più che di stupore. Vidi davanti a me, non per mia volontà, l'apatica attonita faccia di quel povero corpo mortificato scomporsi pietosamente, arricciare il naso, arrovesciare gli occhi all'indietro, contrarre le labbra in su e provarsi ad aggrottar le ciglia, come per piangere; restare così un attimo sospeso e poi crollar due volte a scatto per lo scoppio d'una coppia di starnuti. S’era commosso da sé, per conto suo, ad un filo d'aria entrato chi sa donde, quel povero corpo mortificato, senza dirmene nulla e fuori della mia volontà. «Salute!» gli dissi. E guardai nello specchio il mio primo riso da matto.
***
Come sopportare in me questo estraneo? Questo estraneo che ero io stesso per me? Come non vederlo? Come non conoscerlo? Come restare per sempre condannato a portarmelo con me, in me, alla vista degli altri e fuori intanto dalla mia?»
venerdì 13 aprile 2007
Face2Face
mercoledì 11 aprile 2007
Citazione X
(Altan)
Notte
lunedì 9 aprile 2007
Citazione IX
(Cicalone)
P.S.: Cicalone...chi era costui? Quien sabe? Comunque ha detto una bella frase.
Pugno in un occhio
Quanti di voi ricordano ancora lo spiazzo per il parcheggio, circondato da contruzioni diroccate che erano il lascito dei bombardamenti di guerra?
Ora non dico che la situazione dovesse rimanere immutata con quell'immagine di degrado, ma sostituire quel degrado con una costruzione di una modernità sciatta e scialba, improbabile ed improvvisata, che fa a pugni con le antiche costruzioni circostanti però no!
Al massimo si sarebbe potuto fare uno spiazzo con un parco ed alcune panchine, chissà. In questo modo il Palazzo Bentivoglio Nuovo (anche lui, a proposito, avrebbe bisogno di una ripulita), con un'area libera di fronte a sé si sarebbe stagliato dinnanzi alla vista dello spettatore.
Fortunatamente la licenza per la ricostruzione su quella superficie diroccata c'era, ed era pure in regola, però, ci domandiamo, chi sono quei superficiali ed improvvisatori che in Comune rilasciano il permesso per costruire siffatte tristezze in pieno centro, zona universitaria? Non ci voleva molto a progettare una costruzione che si sarebbe resa più armonica con l'ambiente circostante.
Comunque, la frittata è ormai fatta, e ce la dobbiamo tenere, tanto più che ormai il palazzo è abitato e ci sono pure delle botteghe sotto il portico.
Ringrazio il buon Fausto Carpani per la segnalazione fatta, che ho preso dal suo foglio mensile in vernacolo, che puntualmente mi arriva e puntualmente leggo, e concludo con il suo esempio di Borgo Sant'Andrea a Cadriano, frazione di Granarolo Emilia. Il borgo, realizzato di recente al posto di vecchi capannoni industriali, prende il nome dalla chiesa omonima, e si presenta con portici, strade con selciato e un orologio che scandisce le ore, proprio come una volta. Secondo Fausto, e anche secondo me e tutti i suoi lettori, un bell'esempio di come, con buona volontà, pazienza e buon gusto, si possano fare ancora cose architettonicamente belle ed armoniose.
Ragaz, fè mò un girtén a Cadariàn :-)
venerdì 6 aprile 2007
Citazione VIII
(Quino)
Mi è sembrata la volta buona per il conduttore, per mettere da parte la sua evidente e limitante faziosità (lo dico da persona di sinistra!) e per evitare lunghi, noiosi ed inutili dibattiti politici in cui si fanno solo chiacchiere litigiose senza approdare mai a nulla. Mi è sembrata l'occasione buona per affrontare argomenti scottanti e di estrema emergenza, vale a dire i problemi ambientali in Italia.
Non mi sembra che allo stato dei fatti l'attuale governo abbia ancora stilato una vera e propria politica ambientale ed energetica, mentre di tanto in tanto rispuntano fuori dei personaggi (imprenditori ed individui che si fregiano del titolo di ingegneri) che hanno il coraggio di professare il ritorno al carbone, quando tutti noi che siamo dotati di buon senso sappiamo che stanno parlando di una fonte estremamente inquinante.
A livello europeo i vari capi di governo continuano a prendere parte a riunioni al vertice in cui si fissa il 2020 come data ultima per l'attuazione di una politica ambientale comune nuova e radicale, mentre gli ambientalisti e i climatologi continuano a ripeterci che se non si agisce subito, verso il 2050 ci ritroveremo a vivere su un pianeta con sconvolgimenti climatici che saranno ormai ingenti ed incontrollabili.
Ieri sera in trasmissione ho sentito parlare del business, gestito dalla camorra, del riciclaggio dei rifiuti in Campania, regione in perenne emergenza ed irrecuperabile, dei danni tumorali potenziali ai quali le persone sono esposte a causa delle sostanza sparate nell'atmosfera da inceneritori senza impianti di filtraggio (e l'aumento dei casi di cancro per colpa dell'inquinamento è sotto gli occhi di tutti), e della zona di Tarquinia, patrimonio archeologico e turistico dell'alto Lazio, minacciata anch'essa, insieme a Sarre in Campania, da danni ecologici ed ambientali.
Ultimamente mi sento di dire che il mondo politico italiano dovrebbe rivedere un attimo le sue priorità per fare qualcosa da subito, ma veramente, per l'ambiente. Basta chiacchiere, chi ci governa dovrebbe prestare più ascolto a tutta quella vasta schiera di cittadini che con il loro aiuto e il loro contributo, hanno la volontà e il desiderio di apportare cambiamenti sostanziali per la tutela e la preservazione dell'ambiente naturale, dell'acqua potabile, dell'aria che respiriamo.
mercoledì 4 aprile 2007
Citazione VI
(William Hazlitt)