mercoledì 13 giugno 2007

Piero Della Francesca


In questi giorni, pensando intensamente a programmare la visita alla mostra dedicata a Piero della Francesca ad Arezzo, e pensando che già 5 secoli prima della nascita del movimento della metafisica egli ne era stato un precursore di alcuni dei suoi caratteri fondamentali, ho ripensato con piacere alla mostra di De Chirico a Padova, conclusasi il 27 maggio scorso, considerando che De Chirico non è stato solo il pittore di angosciose immagini allegoriche, delle famose piazze d'Italia o di interni metafisici, ma che in un suo periodo aveva recuperato alcuni caratteri del classicismo, svelando tutto il suo interesse in materia attraverso alcune opere non meno significative di quelle più usuali e note.L'interesse sistematico di de Chirico allo studio degli antichi, al mondo omerico e miceneo, al reperto arheologico, fa tornare alla mente il gusto all'antico del collezionismo romano rinascimentale della corte papale, le ricognizioni sistematiche del '600 e gli scavi italiani di Pompei nel '700. Sono numerose le statue antiche (Cleopatra, Apollo, Euripide, Minerva solo per citare le sculture presenti nei Musei Vaticani) che entrano a far parte della costruzione metafisica e testimoniano la volontà di de Chirico di porsi in una condizione di artista colto ed accademico utilizzando proprio questa propensione e disposizione all'antico, ai capolavori della scultura classica. Il mondo antico occupa scenari di invenzione e di evocazione: la memoria dell'arte e dell'architettura, la cultura classica e la filosofia, diventano la linfa vitale della prima rivelazione della pittura metafisica nel 1910, in piazza Santa Croce a Firenze, con un dipinto come L'enigma di un pomeriggio di autunno.Nel 1919 c’è il recupero della grande arte del passato. Ne dà annuncio, sin dal titolo, il quadroRitorno del figliol prodigo: singolare collage di citazioni da Carpaccio, Andrea del Sarto, Mantegna, Poussin. Robada mandare in visibilio i transavanguardisti di oggi. Ma il pentimento fu dettato anche da ragioni pratiche:l’insuccesso delle opere metafisiche, la pressione della nuova moglie, l’ebrea bielorussa Isabella Far, implacabile managerdelle sue fortune. Ora si firma pictor classicus. Tuttavia resta alta la vibrazione fantastica nel gruppo dettodelle «ville romane» . Le nostalgie classicheggianti sono assorbite in calda sospensione sentimentale della natura e deltempo. Ne è culmine magico il Paesaggio romano del 1922.

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