martedì 12 giugno 2007

Continua a piovere...


Oggi mi sono piacevolmente imbattuto per la prima volta nella figura di Luc de Clapiers, marchese di Vauvenargues, scrittore francese, moralista, saggista.
Nacque a Aix-en-Provence, da una nobile famiglia non benestante. Durante i suoi studi al collegio di Aix non studiò né il latino né il greco ma divenne un grande ammiratore di Plutarco del quale aveva letto le opere tradotte.
Entrò nell'esercito e vi rimase per dieci anni, prendendo parte alla guerra di successione polacca, alla campagna d'Italia del Maresciallo Villars nel 1733, e alla disastrosa spedizione in Boemia per sostenere le ambizioni di Federico II di Prussia sulla Slesia, nella quale i francesi furono scaricati dai loro alleati. Vauvenargues prese parte alla ritirata del Maresciallo de Belle-Isle di Praga. Malgrado una lunga permanenza all'ospedale di Nancy per un congelamento alla gamba non si rimise mai completamente. Partecipò alla battaglia di Dettingen, e di ritorno in Francia, fu di stanza ad Arras. Fine della sua carriera militare.
Il suo amico, il marchese di Mirabeau, autore de' L'Ami des Hommes e padre dell'uomo politico, lo spinse a volgersi verso la letteratura, ma era troppo povero per andare a Parigi. Cercò invano d'entrare nel servizio diplomatico. Un attacco di vaiolo mise fine del resto a questa possibilità di carriera.
Vauvenargues si trasferì a Parigi nel 1745 e vi condusse una vita ritirata, frequentando pochi amici tra i quali Jean-François Marmontel e Voltaire. Tra i suoi corrispondenti c'era l'archeologo Fauris de Saint-Vincens. Su consiglio di Voltaire e le esortazioni di Mirabeau, ignorò le obiezioni di suo padre e si lanciò nella scrittura. Riprese le osservazioni e le note segnate su carta e pubblicò nel 1746, coperto dall'anonimato, una Introduction à la connaissance de l'esprit humain, seguita da qualche Réflexions e Maximes. Il libro non passò completamente inosservato, ma l'accoglienza non fu molto calorosa. Voltaire che non aveva mai dubitato del suo talento, incitò Vauvenargues a riprendere la sua opera per rendere il libro eccellente dal principio alla fine in vista di una seconda edizione. Egli seguì i consigli di Voltaire, ritoccò lo stile in molti punti e soppresse più di duecento pensieri. Questa edizione, pubblicata nel 1747, dopo la morte di Vauvenargues, dagli abati Trublet e Séguy è la più fedelle alle idee del moralista.
Vauvenargues avrebbe, forse, completato la sua Introduction à la connaissance de l'esprit humain, se la morte non l'avesse improvvisamente colpito.
Morì a Parigi il 28 maggio 1747, non aveva ancora trentadue anni. In base a diversi ritratti, si scopre un'anima pura e fiera, generosa e tenera, colma di ideali. Un uomo di giudizio saldo, lucido e poderato, non privo di finezza.
Ha lasciato pochi scritti ma il loro interese è considerevole. La principale differenza tra Vauvenargues e il suo famoso predecessore La Rochefoucauld è che Vauvenargues ha una nobile idea dell'Uomo, e che è anche più incline allo stoicismo che alle teorie epicuree.
Leggete questa, è una delle sue massime: "Tutti i nutrimenti non convengono a tutti i corpi, tutti gli oggetti non sono adatti a toccare certe anime. Chi crede gli uomini arbitri sovrani dei loro sentimenti, non conosce punto la natura. I savi si sbagliano altresì quando offrono alle passioni la quiete: le passioni ne sono nemiche. Essi vantano i pregi della moderazione a chi è nato per l'azione e una vita tumultuosa: che cosa importa a un malato della squisitezza di un banchetto che gli fa nausea? Noi non conosciamo tutti i difetti del nostro animo; ma anche se potessimo conoscerli, ben di rado vorremmo vincerli. Le nostre passioni non sono qualcosa che possiamo scindere da noi medesimi; certune costituiscono tutto il fondamento e tutta la sostanza della nostra vita. La virtù sincera non abbandona chi l'ama; i vizi stessi di un uomo bennato possono concorrere ala sua gloria".

1 commento:

Anonimo ha detto...

Eh già, quando piove si sta anche a casa a leggere...