lunedì 4 giugno 2007

Piccolo percorso letterario


Guido Gozzano, "Natale a Ceylon e altri racconti"
La vera ragione del suo viaggio in India era terapeutica: curare la tubercolosi che lo minava; ma l’esperienza fu cruciale, e si riverberò nella scrittura. Due anni dopo Gozzano iniziò a raccontarla sulle pagine della «Stampa» di Torino. Non sono veri racconti: sono pagine di diario, meditazioni, ricordi spesso puramente immaginari, fantasie folgoranti e geniali. La fertile inventiva di Gozzano gioca sui due piani della finzione e del reale, così lontani tra loro eppure così felicemente generatori di poesia, attraversati di tanto in tanto dalle «trafitture» della nostalgia, tratto caratteristico della sua sensibilità.


Thomas Mann, "La montagna incantata"
Thomas Mann ha impiegato dodici anni per comporre questo monumentale lavoro che rappresenta il massimo della speculazione filosofica sulla malattia e soprattutto sulla morte. L'uomo è un animale malato che, in grazia del suo spirito e della sua capacità di essere malato, si oppone alla natura. Ne "La montagna incantata" il motivo filosofico e quello politico si fondano. Ne "La Montagna Incantata" la malattia è per il protagonista ansia di conoscenza e ricerca di umanità.
Hans Castorp recatosi a trovare un cugino in sanatorio, finisce col restarvi, ammalatosi a sua volta, per sette anni. A contatto con il microcosmo del sanatorio, vero e proprio panorama di tutte le correnti di pensiero, il suo carattere subisce un'evoluzione e un incremento: passa attraverso la malattia, l'amore (la signora Chauchat), il razionalismo e la gioia di vivere (Settembrini), il pessimismo irrazionale (Naphta), senza che nessuna di queste posizioni lo converta. Ma in mezzo a tante forze contrastanti, Castorp trova il suo equilibrio. Scoppia la guerra nel 1914 e Hans viene strappato da questa magica e raffinata atmosfera per essere gettato sui campi di battaglia dove la sua sorte resta incerta, ma immersa in un clima di morte.
«Nella Montagna incantata c’è di tutto: pittura d’ambiente, meditazioni sul senso e sul valore filosofico del tempo, interi trattati scientifici sulla malattia, una storia d’amore... conversazioni da salotto e conversazioni con moribondi, molta psicanalisi con molta intelligente critica della psicanalisi, una drammatica relazione su una seduta spiritica, discussioni di politica e di storia, una vasta galleria di ritratti, tutti interessantissimi, ed un lungo capitolo sulla musica.»Ladislao Mittner
«Non sono molti – si possono contare sulle dita di due mani – i romanzi europei che hanno segnato per davvero il Novecento. Tra questi, insieme alla Recherche, all’Uomo senza qualità, al Processo e al Castello, metteremmo La montagna incantata. È un romanzo bellissimo, nel quale tutto è profondamente simbolico e insieme profondamente vero. Il suo fascino è lì: sappiamo che la montagna è un simbolo, la pianura è un simbolo, il sanatorio è un simbolo, sono simboliche le slitte che d’inverno scendono dal sanatorio, è simbolico tutto; e, nel medesimo tempo, viviamo la montagna, affondiamo i nostri passi nella neve, siamo sani, siamo malati, facciamo scottare al sole la pelle, conosciamo i misteri del corpo nella luce scialba delle radiografie, abbiamo di fronte la morte, sentiamo il tempo, partecipiamo della sventata illusione di affidare allo spazio quotidiano la nostra immortalità. Lo amiamo per quello.»Giorgio Montefoschi
«Un’inesauribile enciclopedia del nostro tempo.»Italo Calvino
La montagna incantata è caratterizzata da una narrativa densa di erudizione e spesso ambigua che ha determinato un certa varietà di giudizi critici. A fianco di uno scrupoloso realismo nella descrizione di personaggi e situazioni, si ritrova un marcato simbolismo, nei toni con cui viene descritto, ad esempio, il fluire del tempo o le impressioni e meditazioni del protagonista. I personaggi stessi, rappresentano, più o meno apertamente, le diverse tendenze filosofiche del tempo con cui Castorp viene, in questo modo, successivamente in contatto. Il rapporto tra l'ordine e l'equilibrio della morale borghese e il vitalismo estetico, già analizzato in un contesto di malattia e morte in La morte a Venezia, è qui interpretato con sottile ironia e presentato in relazione al più ampio panorama del pensiero europeo del primo Novecento.
Il romanzo si rifà apertamente alla tradizione europea, e particolarmente tedesca, del romanzo di formazione o Bildungsroman, benché, come dichiarato dallo stesso autore, ne sia, al tempo stesso, una parodia. Nei capitoli iniziali, il protagonista mostra una spiccata curiosità sia nei confronti delle scienze naturali che delle discipline umanistiche, spesso in contrasto con l'atteggiamento chiuso e riservato del cugino Joachim. Con il passare del tempo impara però a mantenere una certa distanza dalle posizioni pur affascianti ma estreme del gesuita Naptha, così come sviluppa anche un certo scetticismo rispetto agli slanci retorici dell'umanista Settembrini. A differenza del tipico impianto del romanzo di formazione, è stato sottolineato come la maturità aquisita da Castorp non sembra avere come scopo un futuro vissuto nella pienezza dello spirito finalmente raggiunta. Pare invece, a causa della prospettata e probabile morte nel conflitto mondiale, quasi fine a se stessa o comunque inutile e inconsistente di fronte all'irrazionalità della guerra.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Belli i versi di Gozzano sul suo viaggio in India raccolti nel libro "Verso la cuna del mondo", così come le sue lettere che scriveva da laggiù ad Amanda Guglielminetti. Vidi uno spettacolo tatrale ispirato a questi scritti ed al rapporto epistolare con l'amata.