domenica 25 novembre 2007




Il Reno si stacca dai monti con incantevoli


Indugi, e prende spazio in pianura.


In fiore gli oscillanti canapai ubbriacavano.


Dai fieni mézzi che dan la febbre, da ondate


Di frumenti pesanti, chi passa lungo le siepi


Ne vede uscire i campanili rossi e i pioppi


Senz'ombra, annegati nella canicola, che non si sa


A che vento mai trovino il modo di tremare


In queste calme di luglio.


(parole di un locale poeta dimenticato, riportate da Riccardo Bacchelli ne "Il diavolo al Pontelungo)



Rileggendo oggi questi versi non posso ripensare a quel passato, perché è un passato ottocentesco che non posso aver vissuto, ma lo immagino, aiutato da queste parole che evocano immagini, e subito nasce in me una riflessione.



Dovremmo ricostruirci con pazienza il passato per poter capire come migliorare.



Non bisogna scordare niente del passato, né le cose brutte, né le cose belle. Alla fine dei conti sono sempre ricordi e faranno sempre parte della nostra vita. Bisogna accettarli e trarre il meglio da essi.
La conoscenza della storia, soprattutto dei punti nodali del passato, è condizione per ben interpretare il presente. Un popolo che dimentica il proprio passato è incapace di far fronte al proprio presente ed è condannato a diventare vittima del proprio futuro.

Ammiro estasiato questa bellezza in fotografia, che è attuale, ma, non so perché, arrivi ad affascinarmi in maniera particolare per il fatto di apparire come d'antan.

Bisogna adattarsi al presente, anche se ci pare meglio il passato. (Baltasar Graciàn)

Chi trascura di imparare in giovinezza perde il passato ed è morto per il futuro. (Euripide)

Quien no recuerda el pasado, es destinado a repetirlo (George Santillana)

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