domenica 1 luglio 2007

Desaparecidos della Cortina di Ferro

"Prima uccideremo tutti i sovversivi,
poi uccideremo i loro collaboratori,
dopo i loro simpatizzanti,
successivamente quelli che resteranno indifferenti
e alla fine i timidi."
Generale Ibérico Saint Jean, governatore di Buenos Aires, 1977)


Per chi non lo avesse ancora visto, il film "Le vite degli altri" (Germania, titolo originale Das Leben der anderen) è stato dichiarato pellicola dell'anno.
Berlino Est, 1984. Il capitano Gerd Wiesler è un abile e inflessibile agente della Stasi, la polizia di stato che spia e controlla la vita dei cittadini della DDR. Un idealista votato alla causa comunista, servita con diligente scrupolo. Dopo aver assistito alla pièce teatrale di Georg Dreyman, un noto drammaturgo dell'Est che si attiene alle linee del partito, gli viene ordinato di sorvegliarlo. Il ministro della cultura Bruno Hempf si è invaghito della compagna di Dreyman, l'attrice Christa-Maria Sieland, e vorrebbe trovare prove a carico dell'artista per avere campo libero. Ma l'intercettazione sortirà l'esito opposto, Wiesler entrerà nelle loro vite non per denunciarle ma per diventarne complice discreto. La trasformazione e la sensibilità dello scrittore lo toccheranno profondamente fino ad abiurare una fede incompatibile con l'amore, l'umanità e la compassione. Le vite degli altri ha il filo conduttore ideale nel personaggio dell'agente della Stasi, nascosto in uno scantinato a pochi isolati dall'appartamento della coppia protagonista. È lui, la spia, il singolare deus ex machina che non interviene dall'alto, come nella tragedia greca, ma opera dal basso, chiuso tra le pareti dell'ideologia abbattuta dalla bellezza dell'uomo e dalla sua arte. Personaggio dolente e civilissimo, ideologo del regime che in un momento imprecisato del suo incarico si trasforma in oppositore. Il "metodo" della sorveglianza diventa per lui fonte di disinganno e di sofferenza, perchè lo costringe a entrare nella vita degli altri, che si ingegnano per conservarsi vivi o per andare fino in fondo con le loro idee. La Stasi aveva un esercito di infiltrati, duecentomila collaboratori, il regista Donnersmarck ne ha scelto uno e lo ha drammatizzato.
"Desaparecidos", termine spagnolo che in italiano significa “spariti”. Come voi tutti ben ricorderete, si riferisce a persone che furono arrestate, per motivi politici, dalla polizia dei regimi militari argentino, cileno e di altri paesi dell'America Latina, e delle quali si persero in seguito le tracce. Gli arresti avvenivano senza testimoni, i capi di imputazione erano assai vaghi o palesemente pretestuosi. Di molti desaparecidos non si è saputo più nulla. Di molti invece si venne a sapere che erano stati detenuti in campi di concentramento, atrocemente torturati e infine barbaramente assassinati in segreto.
La Storia ci consegna questi dati: fra il 1976 e il 1983 in Argentina, sotto il regime militare, sono scomparsi più di 30.000 dissidenti o sospettati tali.
A metà del 1977 vennero effettuati i primi atti di denuncia, nacque l'organizzazione delle Madres de Plaza de Mayo, gli esiliati iniziarono a partecipare a fori internazionali per denunciare i crimini. Altre associazioni si andranno formando in seguito come Familiares nel 1977 e le Abuelas (nonne) nel 1978, le quali tutt’ora lottano per ritrovare i nipoti sottratti dal regime.
Molte donne partorirono mentre erano detenute; molte di esse furono uccise, e i loro figli furono illegalmente affidati in adozione a famiglie di militari o poliziotti. Dalla restaurazione della democrazia nel 1983, le istituzioni argentine si sono a lungo adoperate per ritrovare questi bambini e restituirli alle loro famiglie.
Faccio questo preambolo per dire che la "sparizione forzata" è un fenomeno che si è verificato non solo per i desaparecidos, ma anche in altri paesi e in altri momenti storici. Di recente è salita alla ribalta la notizia – riportata dal quotidiano La Repubblica – degli Orfani della Germania Est.
Migliaia di bambini della DDR sottratti ai genitori accusati o sospettati di dissidenza. Indotti a dimenticare i loro genitori, venivano rieducati a forza secondo il modello dell’Uomo nuovo del Socialismo. Queste migliaia di bambini furono affidate alle autorità per la cura degli orfani, ma orfani non erano. Semplicemente i loro genitori erano stati arrestati e condannati o per sospetti talvolta infondati, o per contatti con l’opposizione al regime, o semplicemente perché aspiravano a fuggire in Occidente.
Per questi bambini la destinazione era la Colonia socialista di Berlino-Königsheide, intitolata al pedagogo sovietico A. S. Makarenko. La colonia Makarenko, fondata nei primi anni di vita della DDR, oggi in stato di abbandono, constava di sette edifici in stile neoclassico, ed era l’orfanatrofio-modello del Socialismo alla tedesca, con una mensa, strutture speciali per i neonati ed un ospedale pediatrico. Lungo il viale si tenevano parate per indurre i bambini a crescere come Pionieri della gioventù socialista.
La politica delle Zwangsadoptionen (adozioni forzate), ideata da Margot Honecker, moglie di Erich Honecker e ministro ed esponente del vertice di partito, venne intrapresa a partire dal 1961, immediatamente dopo la costruzione del Muro.
Oggi, a distanza di quasi 18 anni dalla riunificazione, gli orfani della Germania Est, alcuni giovani, altri in età di pensione, si sono mobilitati per raccogliere informazioni sulle loro rispettive famiglie. Si sono costituiti in movimento e hanno creato un sito internet, si cercano e si scambiano informazioni. Ma è difficile per loro ricostruire l’infanzia perduta: molti documenti, tra cui i certificati di nascita, furono distrutti. A quelli che vennero adottati venne d’ufficio cambiato nome e cognome. I pochi dossier che la Stasi non riuscì a distruggere dopo la caduta del Muro non sono ancora stati resi pubblici.
Coloro che sapevano dell’arresto dei loro genitori ricordano con estrema tristezza l’infanzia vissuta nel terrore e nell’obbligo del silenzio.
E mentre questa gente sta lottando disperatamente per riprendersi la vita e gli affetti strappati dal sistema, non possiamo che prendere atto di una dolorosa pagina di storia che dopo tutti questi anni riemerge. Per la cronaca la signora Margot, “Miss Comitato Centrale” (come veniva chiamata all’epoca), vive oggi tranquilla ed indisturbata a Santiago del Cile, nella casa che il Partito Comunista Cileno regalò a Erich Honecker e a lei. La democratica e civile Germania riunificata ha rinunciato a processare la vedova Honecker e le versa ogni mese una generosa pensione pubblica. In fin dei conti suo marito, dittatore o no, era pur sempre un capo di Stato!

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