sabato 7 luglio 2007

La lingua imperiale



Apprendere una lingua diversa dalla propria significa umiliarsi. Quando si impara a parlare un'altra lingua, la cosa più dura da accettare è l'umiliazione psicologica che ciò comporta: significa infatti rendersi conto di aver lasciato una posizione dalla quale si dominava e nella quale ci si sentiva a proprio agio - la propria lingua madre, modellata e forgiata in modo tale da adattarsi perfettamente alla propria vita e al proprio carattere - e dover cercare di adattare i propri pensieri, desideri, spiegazioni e rapporti interpersonali a un universo diverso di parole e grammatica, di sfumature linguistiche e di ritmo. Significa provare imbarazzo e disagio allorché ci si rende conto che per l'interlocutore di lingua madre ciò che si sta cercando di dire nella sua lingua ci fa sembrare bambini o idioti. Se l'interlocutore di lingua madre è gentile, capirà quello che vogliamo dire e cercherà di aiutarci. Ma contare sulla cortesia altrui significa ancora una volta umiliarsi.


(John Lloyd)




Globish, neologismo nato dalla contrazione delle parole "global" ed "English" per riferirsi all'inglese internazionale.



L'inglese si è propagato con l'impero britannico. Le ex colonie americane fecero sì che quello che prendesse il posto dell'impero britannico come economia più potente del mondo, gli Stati Uniti, rimanesse di lingua inglese. Nel XIX e XX secolo gli Stati Uniti assorbirono italiani, scandinavi, russi, tedeschi, ebrei, polacchi, ucraini, cechi, ungheresi, mentre tuttora assorbono messicani, portoricani, pachistani, indiani ed altre generazioni di africani. L'inglese che questi nuovi americani impararono e imparano venne e tutt'ora viene successivamente riesportato attraverso frasi e parole che si estendono alle reti familiari di questi immigrati.

Gli anglofoni sono notoriamente monoglotti. Credono di essere incapaci di imparare un'altra lingua, oppure lo ritengono superfluo. In effetti questo loro atteggiamento è in realtà arroganza e rifiuto a "lasciarsi umiliare", arroganza e superbia derivanti da secoli di planetaria gestione del potere. Abituati così tanto agli stranieri che si arrabattano ad imparare a parlare inglese, non provano neppure a fare altrettanto con le lingue straniere. Per ciò che riguarda il turismo di massa si ritiene che la lingua inglese sia sufficiente. Le lingue straniere non sono una parte rilevante nell'insegnamento nelle scuole americane e britanniche.

Il potere si è sempre lasciato nella propria scia anche la propria lingua. Vedi la potenza spagnola che ha portato la lingua nell'America Latina e quella francese che ha fatto altrettanto in Africa settentrionale e occidentale.

MA una conseguenza del potere anglofono è positiva. Propagatosi per gli scambi commerciali, l'inglese continua a diffondersi attraverso Internet e si pone come strumento attraverso il quale la Torre di Babele può comunicare. Ovviamente questo inglese internazionale è spesso alquanto approssimativo, la grammatica è distorta e la pronuncia varia moltissimo. Ma lo scopo primario di una lingua è di farsi capire e quindi il modo universale di farsi capire è l'inglese.

Il globish subentrerà prima o poi ad altre lingue? Non è sicuro. Il cinese, l'hindi, il giapponese e lo spagnolo sono lingue troppo profondamente radicate nella vita di centinaia di milioni di persone per poter verosimilmente scomparire.

D'altro canto però altre lingue e dialetti scompaiono. Faccio un esempio legato al mio territorio: il bolognese oggi continua ad essere parlato nella sua forma pura praticamente solo dagli anziani e come numero di parlanti siamo ai minimi storici in assoluto. Lo stesso vale per altri paesi e un po' ovunque.

L'istruzione del mondo globalizzato e i mezzi di comunicazione annientano ed esauriscono le forme antiche del linguaggio e le nuove generazioni non capiscono perché dovrebbero imparare la lingua dei loro antenati.

Non resta che sperare che il globish possa coesistere con la Babele di lingue di cui le varie culture del mondo sono portatrici, e la cui scomparsa le depauperebbe oltre ogni misura.


Come per il latino, negli anni a venire tutti parleranno inglese ugualmente male ma si riuscirà lo stesso a capirsi.


(Anthony Burgess)


La versione semplificata dell'inglese creata negli anni '20 del Novecento da Charles Kay Ogden conta in tutto 850 parole. Si afferma dopo il secondo conflitto mondiale e può essere imparata in appena 6 settimane. Oggi il mondo parla il globish, un inglese globale e semplificato che conta 1500 lemmi: una lingua, secondo Jean Paul Nerriere, che suona come l'inglese ma non lo è. E' l'idioma universale del III millennio.


Per un suo fenomeno evolutivo interno l'inglese ha fatto diventare col passare dei secoli le proprie parole monosillabiche.


Otto Jespersen
Il linguista danese Otto Jespersen, uno dei massimi conoscitori della lingua inglese, osservò che delle 500 parole più ricorrenti dell'inglese circa 400 sono monosillabiche e solo le restanti sono bi- o trisillabiche. Osservò inoltre che l'inglese ha un meccanismo grammaticale "silenzioso", cioè ridotto all'osso, quasi inavvertibile.
Non si conoscono al mondo altre lingue che abbiano avuto un processo di evoluzione ugualmente veloce e drastico. L'inglese è una lingua che si va "cinesizzando", cioè diventa somigliante al cinese: parole brevi e in posizioni stabili nella frase.
L'inglese ha assorbito alle sua origini una quantità di elementi di origine latina e francese che costituiscono la parte polisillabica del suo vocabolario di oltre 610.000 lemmi.
L'inglese si è avvalso di spinte eccezionali che la storia gli ha fornito senza risparmio, prima potendo contare su un impero sterminato che andava dall'India all'Australia agli Stati Uniti; è stato al centro di conflitti che lo hanno diffuso in Europa ed Oriente. Oggi, attraverso la sua variante più nota ed accreditata, quella americana, vola da più di 50 anni sulle ali di una cultura di massa diffusa in primo luogo da Hollywood e alla quale nulla è stato capace di opporsi: è divertimento, vita quotidiana, finanza, scienza, banca, viaggi, informatica...
L'inglese è una delle lingue più infiltranti del pianeta. L'italiano ha ceduto le armi senza difendersi: a causa della scarsa affezione dei suoi parlanti ha rinunciato, anche col supporto dei mezzi di comunicazione, a parole di tradizione secolare a vantaggio di futili e antistorici equivalenti inglesi.
L'inglese è il latino del Duemila, con una differenza però. Ad un certo punto il latino perse il sostegno di una patria che potesse controllarne la legittimità. Questo favorì la sua evoluzione nelle lingue romanze e continuò ad essere parlato e scritto solo tra gli eruditi, ma come lingua artificiale e senza terra. L'inglese invece ha più di una madrepatria che assicura che si conservi in una certa misura omogeneo in tutto il mondo.
PER APPROFONDIMENTI:

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