Acqua risorsa preziosa
Cosa possiamo fare per non sprecarla? Basterebbero comportamenti quotidiani più accorti, come ad esempio tenere aperti i rubinetti di casa solo quando è necessario, o innaffiare il giardino di sera. Oltre un miliardo e mezzo di persone nel mondo hanno un limitato accesso (o non lo hanno affatto) all'acqua potabile. Quando ce l'hanno la risorsa poi è disponibile in quantità limitate. Ed è per questo che molti di loro ogni giorno muoiono.
Alcuni scienziati avevano previsto l'inizio di conflitti per l'approvvigionamento di acqua per il 2011, ma questi conflitti già si verificano. E' solo che i media o li tengono nascosti, o ne parlano mascherandoli da conflitti interetnici. Il che è una balla, dato che gli esperti ci testimoniano che in queste zone dove si verificano questi conflitti, le parti della società locale che si scontrano sono parte di una comunità multietnica e multiculturale che tollera le reciproche diversità di razza e di religione.
Oltre a quanto dovrebbe essere nei poteri degli Stati e delle istituzioni, ognuno di noi può contribuire ad alleviare questa grave emergenza. Un corretto utilizzo delle risorse idriche nei paesi ricchi per promuovere il diritto all'acqua, il sostegno al consumo equo e solidale e lo sviluppo delle comunità povere nel Terzo Mondo.
Ricordiamoci sempre, ogniqualvolta apriamo il rubinetto, che siamo dei privilegiati!!!
Un paio di punti di vista sull'acqua minerale al di qua e al di là dell'Atlantico
Beppe Severgnini, l'autorevole giornalista de Il Corriere della Sera, in un breve passaggio del suo libro "Manuale dell'uomo domestico" parla di una signora britannica (londinese per la precisione) di sua conoscenza, la quale mette in frigo una caraffa di acqua del rubinetto e la serve ai suoi ospiti a cena, dicendo che è acqua francese o italiana e inventandosi un nome fantasioso. I signori ci cascano :-)
In tante città occidentali la gente considera, a ragione, il fatto di poter bere acqua dal proprio lavandino un diritto civile. Severgnini parla dunque di "acqua potabile del rubinetto".
Successivamente passa a parlare dell'acqua minerale in bottiglia, dicendo che noi italiani siamo specializzati nel consumo del suddetto prodotto. I produttori di acqua minerale sono stati, a suo avviso, molto bravi a trasformare un lusso in un'abitudine tenendo basso il prezzo, ammaliandoci con nomi fantasiosi o rassicuranti, decantando benefici effetti, investendo insomma soldi a palate in pubblicità che ci mostrano quanto siano sexy le bollicine.
La domanda, a fronte dell'analisi che sta per seguire, è la seguente: possono (o devono) cambiare le abitudini riguardo al consumo di acqua minerale? Milioni di bottiglie in vetro o in plastica attraversano lo stivale da nord a sud, lungo strade e le intasate autostrade. Acqua del nord che va a sud, acqua del sud che va a nord: trasporti, traffico, consumo di benzina, inquinamento.
Arrivata a destinazione. l'acqua in bottiglia riempie gli scaffali di supermercati e ipermercati, senza dimenticare lo smaltimento dei vuoti una volta consumato il prodotto. La distribuzione di un prodotto di prima necessità ci mostra tutti i suoi controsensi.
Pensiamo alla gente di Londra, di New York e di qualsiasi altra grande metropoli, dove la gente beve acqua del rubinetto in luoghi che sono tutt'altro che ridenti località di montagna con acqua di sorgente che sgorga dalle rocce o zampilla dalle fontane!
E questo era l'italico punto di vista. Mi appresto ora a riportare il punto di vista americano.
Sto leggendo in questi giorni un saggio (nella sua versione originale inglese) di Robert Fulghum. Il libro, edito in Italia da Sperling & Kupfer col titolo
"Tutto quello che serve l'ho imparato all'asilo" (se desiderate una recensione la trovate ad esempio al seguente link:
http://www.liberonweb.com/asp/libro.asp?ISBN=8820037025).
In questo libro c'è un capitolo dedicato all'acqua in bottiglia. Fulghum ci fa notare come, una volta, ad un party, gli fu offerta acqua minerale di svariate provenienze, francese o italiana, liscia oppure gassata, di sorgente di montagna oppure proveniente da profindità artesiane, fredda oppure a temperatura ambiente, semplice oppure con una fetta di limone.
Fulghum ci parla quindi del negozio di alimentari dove lui è solito servirsi, il quale offre la bellezza di 31 marche di acqua imbottigliata, dalla Francia, dal Canada, dal Galles, dalla Germania, dall'Italia, dagli USA e dalla Norvegia e persino dalle Isole Fiji! Vari sono i colori delle bottiglie, trasparente, verde, oppure blu. Tutte le bottiglie si presentano con eleganti etichette.
Fulghum ci dice che questa cosiddetta "acqua dei designer" può apparire una pretenziosa stravaganza, anche se, a suo avviso, se la si critica, lo stesso andrebbe fatto per il mercato della birra, del vino, dei liquori, della musica e del cinema. Fulghum ama l'acqua cosiddetta fantasiosa e di moda, perché secondo lui questo prodotto attrae la nostra immaginazione e fa appello al lato romantico della natura umana. Fulghum conclude la dissertazione dicendo che per un prezzo basso "può rispecchiarsi in un sogno contenuto in un bicchiere", un ordinario, comune bicchiere di vetro che gli rivela le meraviglie della natura, l'inventiva della rivoluzione industriale e i piaceri di una visione poetica della vita.
Ragazzi, l'autore non me ne voglia, in generale apprezzo come scrive e gli argomenti e le riflessioni che tratta, ma a questo giro il tutto mi appare un po' troppo melenso ed esagerato.
Io personalmente bevo acqua minerale (anche se non disdegno quella del rubinetto alla bisogna), e comunque, ogniqualvolta mi verso un po' di questo liquido trasparente nel bicchiere e mi accingo a berlo, l'unica cosa che penso è quanto è preziosa quella cosa che sta per divenire parte di me e faccio di tutto ogni giorno per non abusarne, per non sciuparla.
Postilla a parte: ho parlato della risorsa "acqua". Per quanto riguarda la risorsa "petrolio" vi invito a leggere il seguente libro:
"La società no oil. Un nuovo sviluppo è possibile ma senza petrolio", di Orecchini Fabio e Naso Vincenzo, Orme Editori.
La civiltà umana sta consumando il proprio pianeta e al tempo stesso lo sta soffocando con rifiuti che non è in grado di limitare o controllare. La scienza e la tecnologia hanno però trovato le soluzioni e diventa possibile obiettivo la prospettiva di un nuovo sviluppo. La sfida tecnologica dei cicli chiusi, enunciata e discussa in questo libro, fornisce elementi a sufficienza per una definizione di sviluppo sostenibile: "Lo sviluppo sostenibile non consuma risorse. Le usa e le riusa, illimitatamente". Dal punto di vista dei sistemi energetici non c'è dubbio: lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo No Oil. La produzione di idrogeno ed elettricità da fonti energetiche rinnovabili consente la realizzazione di uno scenario tecnologico assolutamente possibile.
RIFIUTI E NATURA, ECCO L'ORO VERDE DELLA SVEZIA. Già partita l'operazione "No oil" ...