martedì 23 ottobre 2007

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L’America tesse la tela dell’incursione contro il Pkk, un’operazione che la Turchia è pronta a compiere in tempi brevi, e il Pentagono a sostenere.
L’obiettivo congiunto di Turchia e USA è triplice: far tacere le armi del Pkk, ottenere il rilascio dei soldati turchi catturati e accettare di cooperare ad una operazione congiunta con Ankara. Poche ore dopo il Pkk annunciava il cessate il fuoco, ma i soldati turchi sono ancora sequestrati.
L’ipotesi è quella di una partecipazione di forze speciali americane all’intervento contro il Pkk.
Quello che si profila è dunque un blitz contro le basi del Pkk nel Nord dell’Iraq frutto di una cooperazione a tre: Ankara metterà truppe e elicotteri, i curdi iracheni forniranno l’intelligence e il Pentagono affiancherà l’operazione con unità simili a quelle che operano al confine fra Afghanistan e Pakistan. Il piano militare è pronto e l’amministrazione Bush sta conducendo un intenso pressing su Talabani per indurlo ad accettare la ripetizione di quanto avvenuto spesso fra il 1991 e il 2001: incursioni turche contro il Pkk con il tacito sostegno dei curdi iracheni. «Il nostro interesse è mettere a tacere i terroristi del Pkk - spiega McInturff, portavoce della Rice - con una soluzione che limiti al massimo il numero delle vittime civili» ovvero resti limitata alle aree impervie dove il Pkk ha le basi. Ma non è tutto, fonti diplomatiche ad Ankara fanno sapere che Erdogan ha chiesto alla Rice anche il blocco dei canali finanziari del Pkk e l’arresto dei leader che mandano ordini dall’Europa. In attesa dell’avallo di Talabani, presidente iracheno e leader curdo, Erdogan valuta con i generali l’impatto di un intervento congiunto con gli americani.



Secondo l’UE sono illegali le norme che tengono la Volkswagen sotto controllo statale.
E' passata la linea della Commissione europea, che il 4 marzo 2005 aveva portato la Germania davanti alla Corte di Giustizia europea. La 'Golden share' che in Germania protegge la Wolkswagen da tentativi di scalata, riservando allo Stato federale ed al Land di Bassa Sassonia due rappresentanti ciascuno nel Consiglio di sorveglianza dell'azienda e limitando al 20% il massimo dei diritti di voto (a prescindere dalla quota azionaria detenuta, con la minoranza di blocco al 20%), è per l’UE contraria alla libera circolazione dei capitali.
La Corte di Lussemburgo fa notare che, grazie a queste disposizioni, lo Stato federale ed il Land della Bassa Sassonia esercitano, con un investimento inferiore rispetto a quanto previsto dal diritto comune, un'influenza sostanziale nella società Volkswagen. Insomma, avrebbero l'ultima parola sull'azienda senza dover pagare quanto sarebbe chiesto a capitali privati.
Le restrizioni alla libera circolazione dei capitali, ha sentenziato la Corte di Lussemburgo, non sono giustificate da interessi legittimi. Se così fosse, sarebbero autorizzate a livello comunitario. Ma non si vede, allo stato dei fatti, perché queste disposizioni siano necessarie al perseguimento dell'obiettivo della tutela dei lavoratori, alla tutela degli azionisti di minoranza o alla difesa dei posti di lavoro generati dall'attività della Volkswagen.

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