200.000 persone hanno sfilato ieri alla marcia della pace Perugia-Assisi. L'occasione era quella di ricordare ciò che sta accadendo in Birmania, nonché di sfilare per tutte le altre "Birmanie" del mondo.
Infatti non dovremmo dimenticare quella lunga lista di conflitti che stanno ancora avendo luogo in varie parti del mondo, e dei quali spessissimo i media non parlano neanche più.
Secondo i dati di Peace Reporter (compilati da Enrico Piovesana), la situazione dei conflitti nel mondo (con relativo numero di morti) è la seguente:
1. Iraq 80 mila morti dal 2003
2. Israele-Palestina 5 mila morti dal 2000
3. Libano 1.200 dal 2006
4. Turchia-Kurdistan 40 mila morti dal 1984
5. Afghanistan 25 mila morti dal 2001
6. Pakistan-Waziristan 3 mila dal 2004
7. Pakistan-Balucistan 450 morti dal 2005
8. India-Kashmir 90 mila morti dal 1989
9. India-Nordest 50 mila morti dal 1979
10. India-Naxaliti 6 mila morti dal 1967
11. Sri Lanka-Tamil 68 mila morti dal 1983
12. Birmania-Karen 30 mila morti dal 1988
13. Thailandia-Sud 2 mila morti dal 2004
14. Filippine-Mindanao 150 mila morti dal 1971
15. Filippine-Npa 40 mila morti dal 1969
16. Russia-Cecenia 250 mila morti dal 1994
17. Georgia-Abkhazia 28 mila morti dal 1992
18. Georgia-Ossezia 2.800 morti dal 1991
19. Algeria 150 mila morti dal 1991
20. Costa d’Avorio 5 mila morti dal 2002
21. Nigeria 11 mila morti dal 1999
22. Ciad 50 mila morti dal 1996
23. Sudan-Darfur 250 mila morti dal 2003
24. Rep.Centrafricana 2 mila morti dal 2003
25. Somalia 500 mila morti dal 1991
26. Uganda 20 mila morti dal 1986
27. Congo R.D. 4 milioni di morti dal 1998
28. Colombia 300 mila morti dal 1964
29. Haiti 1.500 morti dal 2004
La giornalista Anna Masera de "La Stampa" scrive il 5 ottobre u.s. un articolo su un intervento del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, che sinceramente fa scappare da ridere.
Secondo quello che avrebbe dichiarato nel corso di una conferenza Onu, sono i viaggi e la tv via satellite ad aver alimentato le tensioni culturali, religiose, e il senso di estraneità fra le nazioni. Insomma, la colpa sarebbe del villaggio globale nell'era di Internet. Meglio chiudere le comunicazioni, non sapere cosa succede al di là dei propri confini?" "[...] nell'attuale era dei viaggi globali e delle trasmissioni via satellite, la gente trova ovunque meno di quel che le è familiare e più di quello che le è estranea...Questa realtà ha alimentato la crescita di tensioni interculturali e interreligiose, così come una crescente alienazione tra vasti segmenti della popolazione mondiale". Siete d'accordo?
I giornalisti ieri, durante la diretta televisiva sulla marcia, hanno inoltre voluto ricordare Anna Politkovskaja, la giornalista russa uccisa il 7 ottobre 2006 (assassinio per il quale non è stato ancora scoperto un colpevole). Vorrei riportare, per concludere, due frasi dette dalla Politkovskaja che a mio avviso sono molto forti e significative:
« Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano. Infatti, una persona può perfino essere uccisa semplicemente per avermi dato una informazione. Non sono la sola ad essere in pericolo e ho esempi che lo possono provare. »
« Sono una reietta. È questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all'estero dei miei libri sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa né alle iniziative in cui è prevista la partecipazione di funzionari del Cremlino: gli organizzatori non vogliono essere sospettati di avere delle simpatie per me. Eppure tutti i più alti funzionari accettano d'incontrarmi quando sto scrivendo un articolo o sto conducendo un'indagine. Ma lo fanno di nascosto, in posti dove non possono essere visti, all'aria aperta, in piazza o in luoghi segreti che raggiungiamo seguendo strade diverse, quasi fossimo delle spie. Sono felici di parlare con me. Mi danno informazioni, chiedono il mio parere e mi raccontano cosa succede ai vertici. Ma sempre in segreto. È una situazione a cui non ti abitui, ma impari a conviverci. »
« Non sono un magistrato inquirente, ma piuttosto una persona che descrive quello che succede a chi non può vederlo, dal momento che in Russia i servizi trasmessi in tv e gli articoli pubblicati sulla maggior parte dei giornali sono quasi tutti di stampo ideologico. »
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« Sensibile al dolore degli oppressi, incorruttibile, glaciale di fronte alle nostre compromissioni, Anna è stata, ed è ancora, un modello di riferimento. Ben oltre i riconoscimenti, i quattrini, la carriera: la sua era sete di verità, e fuoco indomabile. »
(André Glucksmann su Anna Politkovskaja)
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