Los Angeles, periodo della contestazione studentesca. Mark è critico nei confronti dei suoi compagni che ritiene troppo morbidi nelle loro forme di contestazione.
A seguito di un duro scontro all'università in cui sia uno studente che un poliziotto perdono la vita, entra in un piccolo aeroporto privato e ruba un aeroplano. Vola verso il deserto e incontra la macchina in cui viaggia Daria, diretta alla casa del suo capo e amante. Dopo uno strano corteggiamento aereo raggiungono il Punto di Zabriskie, nella Death Valley e fanno l'amore.
A seguito di un duro scontro all'università in cui sia uno studente che un poliziotto perdono la vita, entra in un piccolo aeroporto privato e ruba un aeroplano. Vola verso il deserto e incontra la macchina in cui viaggia Daria, diretta alla casa del suo capo e amante. Dopo uno strano corteggiamento aereo raggiungono il Punto di Zabriskie, nella Death Valley e fanno l'amore.
In seguito Mark segue il suo proposito di riportare l'aereo dove lo aveva preso e viene ucciso dalla polizia sulla pista di atterraggio a Los Angeles. Daria raggiunge la villa a Phoenix in cui è il suo capo, ma dopo essere rimasta un attimo con questi, decide di tornare alla macchina. Voltandosi, immagina la villa scoppiare in una spettacolare esplosione, ripetuta più volte e da diversi punti di vista.
Questa è in breve la trama del film di Michelangelo Antonioni che ho voluto vedere ieri sera per rendere omaggio ad uno dei più grandi registi italiani, scomparso di recente.
Questo film fa parte di quella cinematografia che canta l'innocenza hippy contro la crudeltà del falso perbenismo borghese.
La frase "Go west, young men" è sempre stata presa terribilmente sul serio dagli americani, basti pensare all'epopea del West. Circa un secolo dopo questa epopea si diceva che l'America era una specie di piano inclinato e tutto quello che non aveva radici rotolava verso la California, con il suo clima benedetto, diventata nel frattempo un simbolo, l'immagine del regno della libertà.
E quindi anche il cinema americano più libero e più ribelle, fuori dagli schemi di Hollywood, è tutta una fuga verso questa nuova frontiera ad ovest, fuga fatta lungo le highways americane.
Paradossalmente invece, nel film-manifesto di quegli anni, "Easy Rider" (1969), la fuga parte dalla California e avviene verso est. Peter Fonda (Captain America) e Dennis Hopper (Billy) vendono una partita di droga e decidono di partire alla volta del Mardi Gras a New Orleans e successivamente di proseguire verso la Florida, sempre a bordo dei loro chopper. Il film ci fa conoscere anche un giovane Jack Nicholson, che nel film verrà ucciso dai lavoratori locali del Sud. Come si sa, il viaggio di Captain America, gentile ribelle amante dell'erba, finisce molto prima di arrivare in Florida.
Grande successo del cinema americano indipendente, riconosciuto anche dalla critica a Cannes, "Easy Rider" divenne il manifesto di una stagione e un successo per il messaggio che portava: un proclama dell'innocenza hippy, della gentilezza della cultura dei fiori contrapposte alla rozzezza e alla cattiveria delle persone apparentemente perbene che tirano al piccione non appena trovano qualcuno diverso da loro, non inquadrato nel sistema.
Il film è accompagnato da una stupenda colonna sonora che mescola Steppenwolf, Byrds, The Band, Jimi Hendrix e Bob Dylan.
Anche il film di Antonioni va ricordato per una bella colonna sonora che mescola il country al rock della chitarra di Jerry Garcia dei Grateful Dead e dei Pink Floyd.
Memorabili le scene degli hippy che fanno l'amore sui calanchi della Death Valley (il deserto come metafora del vuoto nel quale gli incontri hanno un significato particolare) e l'esplosione finale della casa del ricco capo e amante della protagonista Daria, che salta in aria al rallentatore con tutti i simboli del benessere americano.
L'America on the road già cantata da Jack Kerouac diventa un genere cinematografico, oltre che un simbolo.
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